Cinema – The Great Gatsby

Cinema - the-great-gatsby-1Baz Luhrmann con il suo Moulin Rouge, musical che attinge copiosamente dal melodramma con elementi dalla Traviata di Verdi e dalla Bohème di Puccini e dalla novella Boule de Suif di Guy de Maupassant, ci aveva conquistato perché aveva trovato una cifra personale, inusuale, nuova e spiazzante. Il melodramma  classico mescolato ai brani contemporanei, mash-up azzeccati ed interpretazione di grande effetto. L’opera esagerava e diventava un enorme circo che trascinava piacevolmente lo spettatore fino al romantico strazio finale di verdiana memoria.

Con The Great Gatsby l’operazione, palesemente richiamata, non gli è riuscita altrettanto bene. O meglio, non è riuscita come doveva se consideriamo l’immenso investimento di denaro (il film è venuto a costare oltre 120 milioni di dollari!).

La trama stavolta si basa in maniera piuttosto fedele sull’omonimo romanzo di Fitzgerald di cui Gatsby è l’alter ego, vedi la sfarzosità delle feste divenute poi leggendarie attraverso cui lo scrittore sperperò le sue fortune. Non c’è critica per la trasposizione letteraria del romanzo, ma ciò che manca, al di là degli effetti digitali, è una sinergia con gli attori (citiamo per tutti Leonardo Di Caprio, Carey Mulligan, Tobey Maguire) tutti bravi, ma non sufficientemente coinvolgenti o emozionanti, o perlomeno non quanto hanno dato prova di esserlo in altre pellicole (sic!). La lettura rimane sempre in superficie, più preoccupata a catturare lo spettatore attraverso l’estetica che il cuore.

In breve, sembra di essere sempre sulle pagine di una rivista patinata, pagine che rimangono luccicanti anche quando la storia entra nel dramma.

E mentre in Moulin Rouge il registro era accettabile perché riproponeva al cinema il genere musical  che per sua stessa natura è un intrattenimento che sorvola leggero anche i drammi più cupi, in The Great Gatsby, capolavoro che affonda le mani nella decadenza umana, l’impresa era decisamente più ardua, e rischiava di scadere nella superficialità.

Per la maggior parte il pubblico si è  diviso in due: c’è chi l’ha odiato e chi l’ha amato, e poi c’è un gruppetto che si sente come quando hai fame e vedi un ricchissimo e appetitoso piatto in vetrina, entri, lo assaggi ma dopo averlo finito gola e occhi emettono pareri discordanti.

 

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