Recensione – “NESSI” di e con Alessandro Bergonzoni – Teatro Verdi – 10/04/15 – Massimo Adolph Nutini

Bergonzoni

 

 

Forse non sono adatto a parlare di Bergonzoni; sono talmente affascinato dalla sua arte che temo di non essere obiettivo.

L’avevo conosciuto come tutti, in tv. E già lì mi aveva davvero deliziato e incuriosito, esemplare così raro e diverso.

Mi colpì poi la prima volta che lo vidi dal vivo, a PordenoneLegge. E quasi mi commosse con le sue belle osservazioni esistenziali, nascoste sotto l’intreccio magico dei mille calembour.

Poi vidi il suo precedente spettacolo, URGE, ed ora eccoci a NESSI, il quattordicesimo della sua carriera.

Il palco è spoglio. Solo un cerchio di metallo, un grande cerchio sospeso in alto, e tre diverse incubatrici, sì le incubatrici da ospedale. Lui, come sempre, solo sul palcoscenico, con le mani infilate in una incubatrice, che porta in giro sulle rotelline.

Ma all’inizio un divertente prologo, a luci spente, nel buio assoluto. Una specie di surreale telefonata, piena di qui pro quo e finta quotidianità.

Poi ecco che il fiume comincia  a scorrere, a fluire, a ingrossarsi, a accarezzare i nostri sorrisi e il nostro profondo. Sì, perché con Bergonzoni si ride. E molto. Però definirlo comico è davvero poco. Il suo pregio maggiore è riuscire a farci sorridere l’anima e farcela incuriosire. Farci trovare nuovi collegamenti, nuove aperture. Nessi, appunto.

Come lui dice: “Fate Nessi con chi vi sta accanto”.

E l’avventura, la storia, continua in ogni disparato meandro del vissuto, giocato, come nel suo stile, sulle assonanze e sulle modifiche lessicali, ma mai inutilmente, mai solo per strappar una risata: ogni suo gioco diviene una chiave, una porta, un nesso, che ci fa arrivare a qualcos’altro.

Cos’altro? Una bellissima, accorata, disperata critica del nostro vivere superficiale e omologato. Una fotografia nitida del nostro non sapere, non voler vedere, capire, cambiare.

Si esce dopo un’ora e mezza in cui il nostro cervello è messo alla prova dalle centinaia di giochi e battute, ma la nostra anima è rinfrancata da qualcuno che dice spesso quello che vorremmo dirci ma che, per pigrizia o per comodità, finiamo quasi sempre per nasconderci.

Grazie Alessandro. Ci hai messo il tuo cuore anche stavolta. E anche stavolta il mio applauso è forse troppo poco.

 

Massimo Adolph Nutini

 

 

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