18/02/2013 – PALA ARREX, JESOLO
La prima volta che li vidi,fu al Perfect Day festival il settembre scorso.Da quella volta decisi che sarei andato a vederli ogni volta che ne avrei avuto possibilità.
Il punto è che,i Sigur Rós,sono uno di quei rarissimi gruppi che dal momento in cui salgono sul palco è come se aprissero un cancello invisibile,che per due ore ti porta in un mondo fatto solamente di emozioni.Non importa quanto tu li abbia ascoltati o quante volte li abbia visti.Il risultato non cambia!
Un gruppo Rock è una macchina ritmica. Un corpo elettrico, con un cervello, un cuore, un’anima. La macchina produce onde sonore, mixate e trasmesse attraverso terminali nervosi al sistema di amplificazione. Ora, con i Sigur Ros tutto questo viene portato avanti alla perfezione, millimetricamente, sino al finale, più di ogni altra band che io abbia mai visto e ascoltato in concerto. Gli islandesi prendono tutti i film della loro carriera iniziata nel 1999, li rimescolano, rovesciano, sintetizzano e ricompattano sino a crearne un continuum di potenza devastante. Quasi tutti si attendevano l’esecuzione di molti pezzi del nuovo “Valtari”, invece sono stati il secondo album, “Agaetis Byrjum” e il terzo “Svigaplatan” (titolo a significare il nulla fra due parentesi) a costituire l’ossatura del concerto.
La musica di Jonsi Birgisson e compagni sfugge a qualunque definizione:è rock, perchè ci sono le chitarre distorte e le cavalcate di basso e batteria,sinfonica per la presenza delle sezioni fiati,archi e l’approccio corale ai brani,ma nello stesso tempo è anche psicadelia pura,di quella che non si sente più dagli anni 60,di quella che ti fa chiudere gli occhi,dimenticare qualsiasi problema e volare.
I Sigur Rós sono saliti sul palco verso le 21:40.Nonostante l’apporto fondamentale di ogni singolo membro del gruppo, Jónsi, con l’immancabile archetto per pizzicare la Fender, è il leader della formazione islandese anche sul palco. In termini prettamente musicali, la band ha proposto soluzioni che solo chi ha totale padronanza dei propri mezzi e controllo dell’emotività del pubblico può affrontare in scioltezza.
Un concerto di due ore dove hanno eseguito le loro hits(se cos’ si posono chiamare),da Lúppulagið a Sæglópur,da E-bow a Svefn-g-englar,passando per il momento più toccante della serata,quando la folla è letteralmente impazzita dalle note iniziali di Hoppipolla.
Tutto splendito,tutto alla massima qualità,ma secondo me,il loro vero capolavoro è la canzone con cui solitamente chiudono i loro concerti “Popplagið”,paragonabile solo ai PInk Floyd di Ummagumma. 15 minuti di puro viaggio con un testo in una lingua inesistente.
Uno delle migliori live band esistenti,senza dubbio!
Alberto Gardonio