Recensione Arch Enemy – War Eternal

ArchEnemyWarEternalIl recente cambio di cantante avvenuto in casa Arch Enemy sembrava fosse il crollo definitivo della band secondo i gufi, ma ad un primo ascolto già si intuisce che la fenice sta rinascendo. Nonostante l’abbandono in due anni di due membri importanti come Christopher Amott e Angela Gossow – anche se quest’ultima è semplicemente slittata al ruolo di manager – la band dimostra che con “War Eternal” sembra aver riacquistato una grande stabilità, tanto da far uscire forse il miglior disco da parecchio tempo a questa parte, probabilmente uno dei migliori mai sfornati.

La Nuova Alissa White Gluz è un gioiello sotto tutti i punti di vista: è stata eletta la donna più bella del metal, ha una voce molto potente e intensa, ha un buon canto “pulito” anche se questo modo naturale di cantare, non trova spazio nella sua nuova band. Sicuramente un altro livello rispetto all’amata Angela Gossow.

La nuova cantante dai capelli blu è la perfetta interprete di brani che sembrano essere costruiti proprio attorno a lei, sia nelle parti violente che in quelle melodiche nello stile degli anni ’80, come piace tanto fare ai “nostri”. Ovviamente la mano di Michael Ammott è onnipresente, e si riconosce nel suo tipico stile negli assoli e negli accompagnamenti solistici durante le parti melodiche.

Passando direttamente alle canzoni  non più all’album in generale, tra le canzoni che di certo non fanno prigionieri, troviamo “Never Forgive, Never Forget”, con riff che sembrano lame che si conficcano nel collo, ma neanche la title track si risparmia nei giri, anche se la parte del ritornello è infinitamente melodica.
Le canzoni son ben ordinate tra loro, dimostrando un’apertura mentale ritrovata, soprattutto dal punto di vista dell’ispirazione, ad esempio con le canzoni “No More Regrets”, l’ottantiana “You Will Know My Name”, la strumentale “Graveyard Of Dreams” e la thrashona “Stolen Life”,

Sembra ormai una regola fissa per ogni album di qualsiasi artista, e credo che non succeda dai tempi di “Master Of Puppets” dei Metallica, ma come previsto, durante la fine dell’album, un piccolo calo di tensione arriva, quel calo che ti distrae in altre cose e ti fa un attimo dimenticare che stai ascoltando un cd, ma comunque non mancano bei momenti di luminosità artistica.
Sicuramente uno dei top album del 2014, soprattutto per la rinascita di una band che veniva da una profonda crisi all’interno del gruppo, sia per i soggetti, per la composizione e per la resa live.
Tutto sommato, un grande lavoro!

Voto: 8,5