The Orb – 20 Febbraio @ Estragon (BO)

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THE ORB LIVE
+Dr. Alex Paterson in dub

sabato 20.02.2016
Estragon Club, Via Stalingrado 83, Bologna

Gli Orb di Alex Paterson e Thomas Fehlman finalmente in Italia per presentare l’acclamato album “Moonbuilding 2703 AD” e il recente 12″ “Moonbuilding 2703 AD Remixes / Sin In Space Pt1” (Kompakt). In apertura lo speciale set dub del Dr. Paterson

 

Two Moons – Elements

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Two Moons – Elements

Elements” è un album inquieto, oscuro e nostalgico. In bilico perenne fra new wave e post rock, fra slanci di elettronica e sonorità dark, questo album è un vero tuffo nel passato, un viaggio nel tempo che ci porta indietro di almeno 30 anni. I Two Moons, infatti, attingono a piene mani dagli anni ’80 e ne ricreano le atmosfere cupe e sperimentali, ma con uno stile che lascia ben intuire la loro personalità. A questi suoni “datati” si aggiungono testi sempreverdi, che parlano di angoscia, malinconie e miserie umane: la band di Bologna sembra voler sondare il lato in ombra delle nostre esistenze e condurci in un viaggio introspettivo lungo 11 tracce.

Welcome to my joy”, brano di apertura, ha un ritmo trascinante a tratti quasi noise, “Snow” “Rain” e “I’m sure” lasciano, invece, spazio al sinth e a suoni più sintetici: distorsioni, tastiere ed effetti ricostruiscono fedelmente lo stile anni ’80, mentre “Leaves” ricorda i Depeche Mode più tormentati. “Autumn” e “Starchild” sono brani ben riusciti, sognanti e puliti, ma il finale è affidato a “Crazy world” che rappresenta una specie di riassunto dell’intero album: una sinfonia di suoni elettrici che inneggiano al caos. Su tutto domina la voce del cantante Emilio Mucciga, con il suo inglese teatrale ed enfatico, crea assuefazione e suona stranamente distante, come arrivasse davvero dal passato.

Back to the Future.

 

Live – Editors @ Unipol Arena Bologna

editorsUnipol Arena o Palasport di Casalecchio di Reno, uno dei maggiori impianti sportivi indoor polivalenti d’Italia, quinto in Italia per capienza.
E’ qui che gli Editors venerdì 28 febbraio 2014 hanno dato inizio alla magia.

Non avevo mai visto un live di Tom Smith & soci e dato che, tra alti e bassi, li seguo dal 2005 ho pensato che era finalmente giunto il momento.
D’altronde come potevo non innamorarmi di una band che precedentemente si chiamava Pilot. Insomma. Mi sono sentito personalmente chiamato in causa.

 

Puntualissimi alle 21 i ragazzi di Birmingham escono sul palco tra il delirio dell’Arena che li attendeva trepidante.

Forse neanche loro si aspettavano un’accoglienza del genere: ottomila spettatori giunti da tutta Italia per l’unica data nel bel paese di quest’anno, spettatori che probabilmente hanno assistito al concerto italiano più in grande stile di sempre per la band, ormai adulta a tutti gli effetti.

Ci terranno pure a non essere identificati solo come la band tenebrosa che ha riportato in auge la dark wave, ma per gli Editors le tinte oscure sono quelle predominanti, sin dall’inizio. A partire dal suono naturalmente, ma anche da un semplice fatto cromatico rotto solo dalle fiamme (reali) che s’alzano dal palco dopo pochi istanti dall’avvio dello show.

La performance è di altissimo livello, eccellente sia l’esecuzione che la voce di Tom, il palco è loro, gli appartiene in toto, e noi dal parterre non possiamo che seguire a tempo con gli occhi sognanti il susseguirsi delle migliori tracce dei loro quattro album, da “All Sparks” a “Nothing”.

Il loro sound si conferma potente anche dal vivo e capace di riassumere le anime diverse degli Editors.
Dopo quasi due ore di concerto il meglio lo riservano in coda, nella seconda uscita, tra “Smokers outside the hospital doors” e la conclusiva “Papillon”.
E poi sono solo meritatissimi applausi, lustrini e “una tonnellata d’amore”.

ARTE – Vermeer a Palazzo Fava a Bologna

VermeerA cura di Marco Goldin, Emilie E.S. Gordenker, Quentin Buvelot, Ariane van Suchtelen, Lea van der Vinde

La ragazza con l’orecchino di perla, con la Gioconda di Leonardo e L’urlo di Munch, è unanimemente riconosciuta come una delle tre opere d’arte più note, amate e riprodotte al mondo. Per un pugno di settimane, ed esattamente dall’8 febbraio al 25 maggio 2014, il capolavoro di Vermeer sarà in Italia, a Bologna, accolto con tutti gli onori del caso a Palazzo Fava, che è parte del percorso Genus Bononiae. 

Sarà la star indiscussa di una raffinatissima mostra sulla Golden Age della pittura olandese, curata da Marco Goldin e tra gli altri da Emilie Gordenker, direttrice del Mauritshuis Museum de L’Aia dove il capolavoro di Vermeer è conservato, e dal quale provengono tutti i dipinti in esposizione a Bologna. L’occasione storica di ammirare in Italia questa icona e gli altri celeberrimi dipinti olandesi, nasce dalla collaborazione tra la Fondazione Carisbo e il suo presidente dott. Leone Sibani e Genus Bononiae-Musei nella Città e il suo presidente prof. Fabio Roversi Monaco, Intesa Sanpaolo e Marco Goldin, storico dell’arte e direttore di Linea d’ombra. E con la partecipazione fondamentale, in qualità di main sponsor, del Gruppo Segafredo Zanetti. 
La ragazza con l’orecchino di perla evoca bellezza e mistero e il suo volto da oltre tre secoli continua a stregare coloro che hanno la fortuna di poterla ammirare dal vero. O che magari l’hanno scoperta attraverso i romanzi e il film, di cui la bellissima ragazza dal copricapo color del cielo è diventata, forse suo malgrado, protagonista. 

Il suo arrivo in Italia è il frutto straordinario di una trattativa durata un paio di anni, a partire dal momento in cui il Mauritshuis – scrigno di opere somme da Vermeer fino a Rembrandt – è stato chiuso per importanti lavori di restauro e ampliamento, che ne vedranno la riapertura il prossimo 27 giugno. 

Nel frattempo, una parte delle collezioni del Museo è stata riallestita presso il Gemeentemuseum, sempre a L’Aia, mentre un nucleo, forse il più strepitoso, è stato concesso ad alcune sedi internazionali in Giappone (a Tokyo e Kobe) e negli Stati Uniti: il Fine Arts Museum di San Francisco, l’High Museum of Art di Atlanta e la Frick Collection di New York, ovvero a istituzioni di assoluto prestigio mondiale. Come unica sede europea, e ultima prima del definitivo ritorno de La ragazza con l’orecchino di perla nel suo Museo rinnovato, la scelta è caduta su Bologna e su Palazzo Fava. 

La ragazza con l’orecchino di perla 
Sarà l’unica occasione per ammirarla in Europa al di fuori della sua sede storica da dove, conclusa la mostra bolognese, probabilmente non uscirà mai più, essendo l’opera simbolo del museo riaperto”, afferma Fabio Roversi-Monaco, Presidente di Genus Bononiae – Musei nella Città. 

“E’ ovviamente un onore per me essere riuscito a portare in Italia per la prima volta questo capolavoro” – dice Marco Goldin. “Vorrei che il pubblico si ponesse davanti a questo quadro non soltanto come a un’icona pop, ma anche come a una rappresentazione sublime della bellezza dipinta. In questo quadro tutto vive dentro una sorta di silenzio crepitante, che chiama ognuno di noi verso il luogo dell’assoluto.” 

Capolavoro che non sarà solo. A Bologna sarà infatti accompagnato da 36 altre opere dello stesso Museo, sempre di qualità eccelsa, scelte appositamente per la sede bolognese e quindi in parte diverse da quelle già esposte in Giappone e poi negli Stati Uniti. 

La ragazza con l’orecchino di perla non sarà tra l’altro l’unico capolavoro di Vermeer in mostra. Ad affiancarla ci sarà Diana e le sue ninfe, quadro di grandi dimensioni che rappresenta la prima opera a essere stata da lui realizzata. E ancora, ben quattro Rembrandt e poi Frans Hals, Ter Borch, Claesz, Van Goyen, Van Honthorst, Hobbema, Van Ruisdael, Steen, ovvero tutti i massimi protagonisti della Golden Age dell’arte olandese. 

Accanto a questa mostra, la Fondazione Carisbo, Genus Bononiae – Musei nella Città e Linea d’ombra proporranno anche Attorno a Vermeer, omaggio tributato da venticinque artisti italiani contemporanei, da Guccione a Sarnari, da Raciti a Forgioli, scelti da Marco Goldin per il senso della loro adesione all’intima idea specialmente del medium luminoso vermeeriano, senza distinzione tra figurativo e astratto. 

Il binomio antico-contemporaneo è, del resto, una precisa cifra stilistica del critico veneto, riaffermato in modi diversi e originali in concomitanza di molte delle sue mostre. “L’obbiettivo di Genus Bononiae – Musei nella Città” precisa il Presidente Roversi-Monaco “è di cogliere questa magnifica occasione per rilanciare Bologna, con quello che si annuncia come un grande successo, sia per il numero delle presenze sia per la soddisfazione di veder proposto a molti il percorso museale da noi creato, e inaugurato nel 2012 dal Presidente della Repubblica.” 

Immagine: Johannes Vermeer, La ragazza con l’orecchino di perla, 1665 circa olio su tela, cm 44,5 x 39. © L’Aia, Gabinetto reale di pitture Mauritshuis

(comunicato stampa)

Palazzo Fava

Palazzo delle Esposizioni, via Manzoni 2
Orario: da lunedì a giovedì: ore 9-20 venerdì e domenica: ore 9-21 sabato: ore 9-22

Live – Albert Hammond Jr. @ Covo Club Bologna

aj2 Sabato 14 dicembre me la sono spassata al Covo, club underground di Bologna, nonché uno dei locali italiani che preferisco in assoluto.

E sul palco c’era Albert Hammond Jr., mica uno qualsiasi.
Già.
Albert Hammond Jr. ovvero il figlio di Albert Hammond, cantautore inglese anni ’60 di discreto successo (sua la nota “It never rains in southern California”, ndr), ma soprattutto chitarrista dei The Strokes assieme al talentuoso Nick Valensi.
Albert dei due, benché sia comunque un chitarrista coi fiocchi, non è di certo il più dotato tecnicamente, ma invece ha avuto delle gran belle intuizioni come solista, rilasciando due album e un EP, “AHJ”, uscito l’8 ottobre di quest’anno.
Chiariamo: a parer mio il genere, i suoni, alcuni riff ricordano quelli ideati dal frontman/genio dei The Strokes Julian Casablancas, ma nonostante questo denotano una maggior dolcezza, anche nei testi, e questo mi piace molto.
Albert insomma è un ragazzo che apprezzo davvero tanto e ciò, unito alla mia assoluta venerazione nei confronti dei The Strokes, mi imponeva di presenziare alla terza data del suo minitour italiano che si svolgeva nella capitale felsinea.

Il concerto inizia intorno alle 23, in un Covo strapieno, con un clima caraibico e un’inaspettata terza fila nonostante fossi arrivato in ritardo (così, tanto per cambiare).
Sul palco, oltre a Hammond con la sua fedele Stratocaster bianca, ci sono altri due chitarristi, un basso e una batteria confinata nelle retrovie: d’altronde lo spazio del palco del Covo è quello che è, si sa.
Mi colpiscono subito le tre chitarre: che potenza di fuoco! Ci piace!
Si inizia alla grande con due dei miei pezzi preferiti, “Everyone gets a Star” e “Scared”, direttamente dal primo album solista “Yours to Keep” per poi proseguire con roba nuova nuova come la bellissima “St. Justice” dell’ultimo EP, “AHJ” appunto, e con altre chicche come ad esempio “GfC”, dal secondo “‪¿‬Còmo te LLama‪?‬” del 2008.

E’ un incalzare di riff di chitarra straordinari, con musicisti, specialmente i chitarristi, che si esibiscono in finissimi virtuosismi e con un pubblico che si dimostra sempre caldo e coinvolto.
Albert è in gran forma e molto ispirato: i problemi (innumerevoli) con le droghe sono ormai cosa passata, e scusate se non è così scontato da parte di uno che si iniettava mix di eroina, cocaina e ketamina fino a 20 volte al giorno e che ha vissuto un periodo discretamente lungo vagabondando da una clinica all’altra (lo ammette molto candidamente e, oramai, con una certa consapevolezza lui stesso nelle interviste, altrimenti non vi riferirei mai nulla del genere su nessuno, figuratevi se su uno degli Strokes, ndr).
Lui, in barba alle malelingue, è lucido e indiavolato con la sua Stratocaster in mano, il gruppo risponde altrettanto bene e il culmine del godimento (per me soprattutto) arriva con “101”, sempre da “Yours to Keep”, pezzo semplicemente straordinario e che per me vale da solo l’intero prezzo del biglietto.

Un’ora e mezza di puro godimento, di musica di altissimo livello, di botta e risposta scherzosi con il pubblico, per poi salutare teneramente e abbandonare il palco scortato dai bodyguard in mezzo alle persone adoranti, conscio di aver regalato tanta emozione, soprattutto a me.
Questo è stato sabato 14 dicembre al Covo Club di Bologna.
Questo è stato Albert Hammond Jr.

Live – The Lumineers @ Estragon Bologna

lllMartedì 3 Dicembre 2013 mi sono ritrovato, quasi inaspettatamente, all’Estragon di Bologna per l’unica data italiana dei Lumineers, band folk rock statunitense.

La decisione di presenziare è stata presa un paio di giorni prima e mi presentavo un po’ alla sbaraglio dato che a parte la celeberrima “Ho Hey” non avevo la minima idea di cosa potesse proporre il trio statunitense.

Arrivo sul posto verso le 21, la serata bolognese è dannatamente fredda, niente vento che ti lacera la pelle come ormai è abitudine nella mia bella Trieste, ma un freddo infido, che ti penetra nelle ossa e che trasforma i miei mocassini hipster in due blocchi di ghiaccio.
Ghiaccio sempre molto hipster ovviamente.

Finalmente si entra all’Estragon: la temperatura torna decente, complice anche il numero dei presenti (concerto SOLD OUT da tempo) e si respira già una bella atmosfera.
Sul palco infatti si stanno già esibendo Thao & The Get Down Stay Down, band alternative rock molto energica e divertente guidata dall’asiatica Thao, uno scricciolo di ragazza che però sa il fatto suo e passa con disinvoltura dalla chitarra al banjo, dalla slide-guitar all’ukulele. E ovviamente canta.
Divertente è la parola giusta perché la musica non è troppo impegnata, ma decisamente coinvolgente ed orecchiabile: mix perfetto per un gruppo spalla. Thao poi è letteralmente scatenata, strappa applausi continui e all’ultimo pezzo viene raggiunta dai Lumineers per una bella cantata in allegria tutti assieme. Una bella esperienza sia per loro che per il pubblico.

Poi arriva il momento dei protagonisti: The Lumeneers.

Vengono accolti con un boato e una partecipazione che, dall’alto della mia ignoranza, non mi aspettavo, ma capisco subito il motivo.
Il trasporto, le melodie, la calda sonorità folk sprigionata sul palco sono davvero impressionanti e il fascino del violoncello, di un vecchio pianoforte stile “saloon” e della vecchia country guitar si fanno sentire, soprattutto su un romantico come il sottoscritto.

L’amalgama del gruppo è perfetta, le voci giocano e si incastrano, Wesley Schultz dirige il tutto con maestria e l’incalzare di ballate folk come “Submarines”, “Stubborn Love” o “Flowers in Your Hair” rende il tutto magico e molto retro. Giurerei di aver visto più di qualcuno accendersi la pipa.

Ad un tratto Wesley e soci fanno cenno al pubblico di aprire un varco, cosa che incredibilmente va in porto nel giro di pochi secondi e senza conseguenze tragiche “all’italiana”, e si calano dal palco passando tra la gente pronti ad eseguire un paio di pezzi in acustico circondati da migliaia di occhi adoranti. Tutto molto bello.
Da sottolineare anche come i ragazzi di Denver abbiamo più volte pregato il pubblico di non perdersi il concerto a causa dei loro cellulari e tablet, cancro del nostro tempo, di non distrarsi con video e foto, ma anzi di apprezzare il calore della situazione, di vivere il momento: “Please put down tour peones and sing with us, we are here for you”. Bravi ragazzi.
C’è ancora il tempo per un paio di pezzi nuovi che anticipano evidentemente un prossimo cd e poi si chiude in bellezza con una versione davvero lunga e sontuosa di “Big Parade” e tutti, me compreso, ci ritroviamo quasi inconsciamente a cantare e ballare e cantare e ballare e bere una birretta e ballare.

Si conclude così il concerto più inaspettato del 2013, la sorpresa, la rivelazione, la performance maiuscola dei Lumineers che mi ha fatto trascorrere in maniera ancora più piacevole questa piccola trasferta bolognese.
Cheers.

Recensione Concerto Tre Allegri Ragazzi Morti

 

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Venerdì 15 novembre, all’Estragon di Bologna, si sono esibiti I Tre Allegri Ragazzi Morti per la quarta delle sette tappe del Grazie Moltissime Tour che chiude un fantastico 2013 della band pordenonese.

Oltre 300 persone (gran parte delle quali dotate dell’inconfondibile maschera da allegro ragazzo morto, a conferma di un pubblico affezionato) hanno partecipato ad uno spettacolo che conferma l’ottimo momento del gruppo, in una performance piena di energia positiva, che si è esibito sulla scenografia del giardino dei fantasmi.

La sintonia con i fans si percepisce fin dalle battute iniziali: El Tofo & C. propongono subito i brani dell’ultimo album (un successo sia di critica che di pubblico): I cacciatori, La mia vita senza te, La via di casa, Alle anime perse, Di che cosa parla veramente una canzone sono cantate all’unisono da tutti i presenti.

Ma è con i primi accordi dei loro pezzi storici, che la risposta si fa parecchio più calda: il pubblico si stringe sotto il palco, in vero e proprio abbraccio: Il mondo prima, il principe in bicicletta, Signorina primavolta, Mio fratellino ha scoperto il rock ‘n roll, Francesca ha gli anni che ha, Occhi bassi, sono tra i pezzi che hanno letteralmente acceso la serata.

La coda del concerto propone un momento speciale tra il gruppo ed una platea decisamente soddisfatta e coinvolta: I Tre Allegri faticano a lasciare il palco ed il contatto creato con il pubblico, e terminano il concerto con due brani fuori programma. Quasi adatti e Prova a star con me un altro inverno a Pordenone, sono il ringraziamento finale di un ottimo evento.