Davide Tosches – “Luci Della Città Distante”

Davide_Tosches_Luci_Della_Citta_Distante_Cover

(Controrecords, 2014)

“Luci Della Città Distante” è un disco concettuale, intenso, potente e allo stesso tempo minimale. Appartiene a quella categoria di album che meritano un ascolto dedicato in una dimensione personale e intima, magari con le cuffie e preferibilmente al buio.

Il terzo lavoro di studio di Davide Tosches, co-prodotto da Giancarlo Onorato per la Controrecords dello stesso Tosches, è un’istantanea in chiaroscuro di uno scenario quasi apocalittico e deumanizzato con al centro una Natura sopita e meravigliosa.

Difficile scomporre questo disco in una semplice successione di nove canzoni, “Luci della città distante” si presenta in effetti come un autentico “concept album”, un unico piano sequenza che ritrae elementi di un paesaggio campestre dove assieme ad un senso di quiete ed equilibrio emerge inquieto il vuoto lasciato dall’uomo. Musica e testi sono scarnificati, la produzione è essenziale ma molto curata e vede dietro il lavoro di una nutrita schiera di musicisti: partecipano agli arrangiamenti il contrabbasso di Federico Marchesano , la tromba e il flicorno di Ramon Moro, gli archi di Catherine Graindorge, le percussioni di Vito Miccolis, le chitarre elettrificate di Hugo Race, l’organo e il piano Wurlitzer di Massimo Rumiano. Una piccola orchestra che incornicia il procedere lento e per moti circolari di melodie apparentemente monocorde guidate dalla voce e dalla chitarra acustica del cantautore torinese; melodie capaci anche di costruirsi attorno a silenzi che arricchiscono il disco di atmosfere bucoliche sospese e lievi.

Man mano che si addentra nell’ascolto la civiltà urbana si scompone, sfuma per sottrazione e si lascia dietro solo scheletri di edifici, echi di sirene e fievoli barlumi di luci, come gli ultimi ruderi abbandonati di un mondo in via di estinzione. Tosches non si concede a facili retoriche ecologiste ma con semplicità restituisce ad un’esistenza non più compressa dalle quotidiane vicissitudini umane, i tempi primordiali del succedersi di giorno e notte, estate e inverno, vita e morte.

Un disco difficile e ambizioso che non si presta ad ascolti fugaci mentre si è indaffarati a fare altro, ma che regala all’ascoltatore più appassionato e paziente una decadente malinconia che si appiccica al cuore.

Voto: 8/10

https://www.youtube.com/watch?v=xJB0gxxTnHI