Grand Budapest Hotel

Grand Budapest Hotel è l’ultima opera del visionario regista Wes Anderson, che dopo i Tenenbaum e Moonrise Kingdom (per citarne due), ci racconta una favola ispirata alle opere di Stefan Zweig.

Grand Budapest Hotel

Parla della vita di Gustave H, un concierge appassionato di letteratura romantica, che lavora nel leggendario Hotel nella Repubblica di Zubrowka all’inizio del ‘900, e di quello che diventerà il suo migliore amico, Zero Moustafa, uno dei dipendenti più giovani dell’Hotel. La storia inizia con la morte di un’anziana ricchissima e prosegue con il furto e il recupero di un dipinto rinascimentale inestimabile e la battaglia per l’enorme eredità della defunta, tra il tetro figlio e l’eccentrico concierge.

Non è un caso che questo film sia stato scelto per aprire il Festival Internazionale del Cinema di Berlino! Ha un cast d’eccellenza, fotografia e costumi curatissimi, ambientazioni che vanno dal dark gotico fino al Liberty e una trama davvero avvincente, tra flashback e colpi di scena!

Visitate il sito ufficiale del film per avere maggiori informazioni e poter vedere alcune clip del film.

Il cast:

Ralph Fiennes: M. Gustave
Tony Revolori: Zero Moustafa, giovane
Saoirse Ronan: Agatha
Bill Murray: M. Ivan
Edward Norton: Henckels
F. Murray Abraham: Zero Moustafa, anziano
Harvey Keitel: Ludwig
Jude Law: Giovane scrittore
Tilda Swinton: Madame D.
Jason Schwartzman: M. Jean
Willem Dafoe: Jopling
Léa Seydoux: Clotilde
Owen Wilson: M. Chuck
Adrien Brody: Dmitri
Tom Wilkinson: Autore
Bob Balaban: M. Martin
Mathieu Amalric: Serge X.
Jeff Goldblum: Kovacs

Big Day Out, Auckland: è il momento degli Arcade Fire!

Big Day Out, Auckland
Foto: Eva T.

E arriva il momento di uno delle band di punta del Big Day Out di quest’anno… salgono sul palco non una, non due, non tre persone ma ben 10!! Esatto, sono gli Arcade Fire che riempiono letteralmente il palco con la loro presenza sia fisica che scenica. Stile bizzarro, decisamente poco sobrio per alcuni di loro e in rigoroso bianco e nero per altri; il pubblico è decisamente dalla loro parte ed entro la fine della loro esibizione non c’è una sola persona che non stia ballando al suono della loro musica.
Questo set è stato uno dei migliori della giornata, anche nei giorni successivi tutti i giornali che hanno seguito il festival hanno pubblicato solo commenti positivi per questa band Canadese.
Insomma assolutamente da vedere dal vivo anche perché il loro ultimo album “Reflektor” rende molto di più dal vivo che in cd! Inoltre sul palco c’è sempre movimento non solo perché gli Arcade Fire saltano, ballano e si divertono ad intrattenere il pubblico ma anche perché sono quasi tutti interscambiabili: quasi ad ogni canzone la maggior parte di loro cambia postazione e strumento (creando non poca invidia a quelli che come me non sono mai stati in grado di imparare a suonare nemmeno il triangolo!!!). Insomma se mai gli Arcade Fire capitassero dalle vostre parti andate a vederli e lasciatevi trascinare anche voi nel loro carnevale musicale e scenografico (con tanto di lancio di coriandoli sul pubblico durante il grande finale!).
Mi hanno convinta talmente tanto che il giorno dopo sono andata a comprare il loro album… ma devo essere sincera: l’ho ascoltato poco e l’ho trovato un po’ noioso rispetto allo scoppiettante live che hanno proposto! Però una cosa è certa: se qualcuno mi dicesse di tornare ad un loro concerto ci andrei di corsa e pronta di nuovo a saltare e ballare al suono della loro musica!!

Di seguito la scaletta del set degli Arcade Fire al Big Day Out di Auckland:

  1. The Suburbs (Continued)
  2. My Body Is a Cage (Alternate shortened version)
Big Day Out, Auckland Foto: Eva T.
Big Day Out, Auckland
Foto: Eva T.

Big Day Out (Auckland, NZ) – Part 3: BEADY EYE

Arriva  il 17 gennaio, giornata piovosa al mattino ma con svolta positiva del tempo atmosferico nel pomeriggio. Essendo il mio amico Patrick rientrato dall’Irlanda solo quella mattina decido di lasciarlo dormire e lo sveglio solo per riuscire ad andare a vedere le ultime 3 band (perdendomi così l’esibizione degli Hives che pare sia stata magistrale!!).

All’entrata ci controllano biglietti e borse e un mega cartello a caratteri cubitali ci informa che è severamente vietato introdurre nell’area del festival una lista infinita di cose, tra le quali: contenitori di bevande non alcooliche, pillole energetiche, qualunque indumento con colori che fanno riferimento ad una particolare gang, adesivi, fuochi d’artificio, etc.
Ci vengono anche contate le rughe sulla faccia e alla fine ci guadagniamo il braccialettino verde di chi è autorizzato ad acquistare alcoolici peccato che sotto al palco non fosse possibile portare nemmeno un bicchiere di plastica se all’interno c’era della birra!!

In ogni caso spazio enorme con palchi sparsi in ogni dove ed imbarazzo della scelta musicale oltre che gastronomica. Noi con le idee ben precise ci dirigiamo senza esitazioni al palco principale dove stanno per esibirsi i Beady Eye, la “nuova” band del più rissoso dei fratelli Gallagher.
Che dire? La band è niente male, le canzoni ricordano molto gli Oasis (ovvio, praticamente sono loro senza Noel Gallagher!!!); Liam Gallagher non solo ripropone una pseudo copia della sua precedente band ma si pietrifica nella sua tipica posa canora (braccia dietro la schiena, viso verso l’alto e bocca incollata al microfono … scommetto che lo state visualizzando proprio in quella posa) sciogliendosi solo per  emettere uno scazzato “fuck you” verso il pubblico… per fortuna che conscio di essersi giocato la simpatia dei presenti si è riscattato dedicando ai fan degli Oasis un paio di loro pezzi “Rock’N’Roll star” e “Morning Glory” e lanciandosi poi nella cover di “Gimme Shelter” dei Rolling Stones.
Insomma band carina con canzoni orecchiabili, ottima dal vivo, senza sbavature nè canore nè musicali e con sonorità da buon vecchio Brit Pop; da seguire se avete nostalgia degli Oasis e se preferite Liam al più mite Noel!

Ma soprattutto... non si possono portare dentro le copertine da pic-nic!!!  Foto Eva T.
Ma soprattutto… non si possono portare dentro le copertine da pic-nic!!!
Foto Eva T.
Ed eccola la posizione canora di Liam Gallagher!! Foto Eva T.
Ed eccola la posizione canora di Liam Gallagher!!
Foto Eva T.

Beady Eye – Shine a Light

 

Big Day Out (Auckland, NZ) – Part 2: BLUR

Una volta scoperto che avevo in mano il biglietto per uno dei più grossi eventi musicali dell’emisfero sud sono andata subito sul sito internet del festival per scoprire con mio grande disappunto di aver mancato la possibilità di vedere i Blur anche ad Auckland (dopo una serie di concerti in giro per l’Europa sarebbe stato un gran colpo vederli anche lì!).
La storia che circonda la defezione dei Blur dal Big Day Out è ancora avvolta nel mistero. Pare che fosse stata affidata a loro la chiusura del festival e che addirittura fosse stato elaborato un palco speciale solo per loro (come se ne servisse un altro!!); l’organizzazione aveva previsto che l’esibizione dei Blur (di 80 minuti) iniziasse non appena finita quella dei Pear Jam sul palco principale del festival… insomma pronto tutto, campagna promozionale inclusa con tanto di video lanciato in rete con il nome della band britannica a chiudere la lunga lista dei partecipanti al festival e invece ecco che a un paio di settimane dal grande giorno arriva dal sito ufficiale dei Blur l’annuncio della dipartita per “the constantly shifting goalposts and challenging conditions of the organiser” (il costante cambiamento di regole e le difficili condizioni degli organizzatori). Gli organizzatori del festival si dicono ancora oggi stupiti e sconcertati dall’annuncio (che peraltro anche loro lo hanno avuto dal sito della band!!) e sostengono di aver offerto alla band londinese tutto ciò che avevano richiesto … insomma il fitto mistero si infittisce ancora di più e i poveri organizzatori si trovano a rimpiazzare uno dei tre nomi di punta del festival scusandosi con chi aveva acquistato il biglietto dell’evento solo per i Blur.
I “rimpiazzi” trovati non sono stati niente male; si parla di Deftones, The Hives e Beady Eye. Da fan dei Blur quale sono sempre stata mi sono ritrovata un sorriso decisamente ebete sulla faccia al pensiero che la nuova band di Liam Gallagher (ex frontman degli Oasis) vale oggi 1/3 di quello che valgono i Blur (secondo gli organizzatori di questo festival). Ma torniamo al festival…

Copyright foto: Eva T.
Copyright foto: Eva T.

Big Day Out (Auckland, NZ – 17.01.14) – Parte1: Che cos’è

1113-big-day-out-2014Il giorno che decisi di acquistare finalmente il tanto agognato biglietto aereo per la Nuova Zelanda ho tenuto conto dell’invito del mio amico Patrick ad andare con lui a vedere i Pearl Jam in concerto prima di rientrare nel piovoso inverno pordenonese.
Solo una volta arrivata ad Auckland ho scoperto di avere acquistato il biglietto per il Big Day Out e di aver mancato per un soffio il mio gruppo preferito di sempre: i Blur!!
Ma fatemi cominciare dall’inizio…
Il Big Day Out è un festival musicale che si svolge ogni anno tra l’Australia e la Nuova Zelanda, una specie di festival itinerante che va a toccare alcune tra le città più importanti del continente Oceanico. Tenutosi per la prima volta nel 1992 a Sydney come unico show si è poi evoluto negli anni fino a diventare un colossale festival con ben 8 palchi per l’esibizione di band che spaziano dalla musica rock, metal, grunge, punk rock alla musica hip hop, rap, dance ed elettronica… insomma, una cosa in grosso con un’offerta musicale talmente ampia che forse solo mia nonna non ci andrebbe perché mancano i cantanti alla “Sanremo di una volta” come piacciono a lei!!!

Big Day Out Auckland 2014 – cliccate sul link per dare un occhio al Big Day Out di Auckland di quest’anno!!

segue Part 2…

Rock en Seine 2013 festival report

live - Rock en SeineMettendo insieme gli abitanti del comune di Pordenone con quelli di Gorizia non si raggiungono nemmeno le 78mila anime. Dal 23 al 25 agosto, in circa un kilometro quadrato, il festival Rock en Seine ha radunato nella periferia di Parigi 118mila persone. Nonostante ciò, è ancora nella categoria dei piccoli festival musicali europei, perché mentre in Italia ormai è diventato un sogno chiamare a raccolta le decine, in paesi come Ungheria e Belgio si parla di centinaia di migliaia di persone che si muovono, comprano e spendono soldi ed energie in territori che ormai possono sostenersi principalmente con queste attività.

Il Rock en Seine rimane una certezza per chi vuole godersi un festival ma allo stesso tempo farsi una bella vacanza, situato in uno dei parchi più grandi e belli d’Europa (il festival si svolge solo in una ben piccola parte di esso) è inoltre alle porte di Parigi, della quale si può facilmente raggiungere il cuore con la linea 10 della metro che al capolinea Boulogne Pont de St-Cloud ti fa immergere in un mondo spettacolare, quasi magico, fatto di palchi (4), giostre, musica e colori. Quest’anno la zona camping è stata spostata un po’ più distante rispetto alla zona concerti, ma nonostante la fatica della strada (in una salita ripida come poche tra l’altro) rendesse tutti sempre nervosi, all’arrivo si faceva davvero fatica a non rimanere incantati dalla visuale che quella collina donava su Parigi. Forse uno dei punti più incantevoli di tutta la capitale, che con quella salita sembrava quasi di conquistarla. Raggiunto quel punto panoramico del campeggio quasi veniva voglia di non lasciarlo mai, ma quando la musica iniziava a pulsare da sotto la collina e la ruota panoramica roteava i suoi seggiolini, il richiamo era davvero irresistibile.

Allora sotto il primo giorno con Belle And Sebastian, Tame Impala, Alt-J, Johnny Marr, Franz Ferdinand e altri gruppi che fondamentalmente non esistono (avete mai avuto questa impressione quando leggete i nomi delle band più in piccolo del copyright della stamperia nei manifesti dei festival?). Oltre a questi gruppi, che ribadisco essere inesistenti, Rock en Seine propone anche diversi progetti paralleli, solisti, alternativi, elettronici, hip-hop, collaudatisti, metal-meccanici di amici degli amici che hanno fatto parte dei Klaxons o simili. Nel festival ci sono stand ed intrattenimenti di ogni tipo, che vengono sfruttati soprattutto nei momenti un po’ più deboli della line-up.

La sera del primo giorno c’è da scegliere tra i suoni elettronici dal vivo dei !!! (Chk Chk Chk) o la club house berlinese spinta in consolle da Paul Kalkbrenner. Stranamente il pomeriggio del giorno dopo suona anche un certo Fritz Kalkbrenner, che è il classico fratello minore bravo ma sfortunato nell’avere davanti a lui uno dei più grandi clubber di tutti i tempi. La serata finisce e chi ha il pass per il campeggio deve rifare LA salita, solo i migliori ce la fanno, superstiti con grande forza di volontà. Alcuni alzano bandiera bianca e si fermano e metà strada lasciando le tende a solo scopo refrigerativo per le bottiglie che avrebbero usato il giorno dopo.

Il secondo giorno è forse quello un po’ più debole, ma non mancano le sorprese, vedi Waves, che con la loro King of the Beach cercano di boicottare la classica pioggia da festival che partita dalla sera tardi del primo giorno non darà quasi mai tregua per le successive 24 ore. E allora gli stand iniziano a regalare non più occhiali da sole ma impermeabili e mezzi di sopravvivenza da campeggio, mentre lo staff ricopre di ghiaia le pozzanghere dove potevano ormai completamente immergersi i bambini del Mini Rock en Seine (zona attrezzata all’interno del festival per piccoli rockers dai 6 ai 10 anni). Black Rebel Motorcycle Club, Nine Inch Nails ma soprattutto Phoenix, questo è stato il secondo giorno – ma la giornata indie non era la prima? – Evidentemente il Rock en Seine come tanti altri festival fa il furbo mescolando i generi tra le varie giornate, costringendoti così a scervellarti per capire se conviene prendere un  biglietto giornaliero o fare “la tre giorni”, ma con questa tecnica devo dire che vincono quasi sempre loro. Anche nell’ultimo giorno di programmazione non mancano gruppi interessanti, ma personalmente guardo tutto un po’ distrattamente perché attendo con la giusta ansia di vedere il live dei Bloody Beetroots per potermi sentire nel mio piccolo orgoglioso sapere dove sia Bassano del Grappa. Per chi non lo sapesse i loro live sono tra i concerti più hardcore a cui potrete assistere ed è imbarazzante la differenza tra quello che si pensa riguardo a loro e la realtà. A questo punto la schiena mi ha ufficialmente salutato e decido di sentire i System Of A Down dalla salita che mi porta al campeggio, dove ogni sera viene organizzato un after bello sostanzioso.

Tirando le somme il Rock en Seine ha un’organizzazione sempre più invidiabile, i servizi sono ottimi, dai bagni al cibo e così via, ma quest’anno il campeggio è stato davvero snervante, quasi a suggerire che l’organizzazione fosse gestita da persone completamente diverse. Basti pensare che in genere nei campeggi dei festival vige la regola del chi prima arriva meglio alloggia, o per lo meno la legge della giungla o del più forte o insomma, gli spazi migliori sono per chi si organizza meglio e/o arriva presto. Quest’anno invece bisognava seguire gli ordini dello staff e hanno iniziato a riempire prima gli spazi tenda più lontani per poi avvicinarsi alle docce e al festival. Praticamente chi è arrivato per ultimo ha avuto la meglio. Lascio il festival con numero: -1 paio di scarpe (il fango ha avuto la meglio), +2 poncio-sacchetti dell’immondizia impermeabili, +2 cappelli di paglia della Lipton e soprattutto -2 ginocchia (con loro mi rivedrò tra un paio di settimane).

Corny-jr
twitter.com/corny_jr

Sigur Rós, magia al No Borders Music Festival

SIGUR ROSUna meravigliosa luna piena che saliva tra le cime delle montagne ha accompagnato l’esibizione dei Sigur Rós nel secondo appuntamento del No Borders Music Festival nella location molto raccolta di piazza dell’Unità a Tarvisio lo scorso martedì 23 luglio. La data organizzata da Azalea Promotion e che rientrava nell’offerta Music&Live del Friuli Venezia Giulia non ha visto una grandissima affluenza ciò nondimeno il pubblico ha partecipato caloroso all’esibizione della band islandese che si presentava per la prima volta dopo l’abbandono del tastierista Kjartan Sveinsson.

In due ore di concerto tutto filato 5 i brani del nuovo album “Kveikur”, da poco uscito in Italia. Ed era anche la prima volta che la band lo presentava in Italia dato che è stata proprio la data del No Borders Music Festival di Tarvisio la prima del tour italiano in programma.

Ipnotici e suadenti, le sonorità dei Sigur Rós sono qualcosa di unico ed originale. Il falsetto di Jónsi Birgisson è qualcosa di altrettanto unico per la limpidezza del suono della voce che tocca note altissime. La scenografia è ridotta al minimo con visuals che occupano solo una parte del fondale e che richiamano la loro terra d’origine: vulcani, acqua, roccia. Gli effetti scenici pur nella loro semplicità sono studiati nei dettaglio e luci e fumo creano un’atmosfera decisamente magica.

E poi la musica.

I Sigur Rós partono con alcuni dei loro brani più celebri “Yfirborđ” e “Brennistein” ed in un crescendo trascinano con sé il pubblico che si fa incantare dalle sonorità quasi mistiche della band e finisce che ti perdi sulle note dello xilofono e dei tanti archi del complesso che accompagna la band.

In scaletta anche il  brano che da il nome all’album “Kveikur”, ma anche le più celebri “Hoppipolla” e “Vaka”. Pubblico in deliquio, grande partecipazione emotiva e quella meravigliosa luna che ha illuminato una serata speciale tra le cime del Tarvisiano e che i nostri continuavano a fissare sullo sfondo.

 

Ancora due sono le date italiane ed è altamente consigliato di non perdersele. Il 27 luglio luglio a Lucca ed il 28 a Roma.

 

La scaletta:

Yfirborđ

Brennistein

Glósóli

Vaka

Ísiaki

Sæglỏpur

Svefn-g-englar

Hrafntinna

Varúđ

Hoppipolla + Međ Blỏđ

Kveikur

Festival

 

Bis:

E-bow

Popplagiđ