Il Circo degli Zen funziona ancora? Recensione “The ZEN CIRCUS – Naonian Concert Hall ex Deposito Giordani – Pordenone- 03 05 14

Recensione “The ZEN CIRCUS – Naonian Concert Hall ex Deposito Giordani – Pordenone- 03 05 14-
Massimo Nutini – TheGreatComplottoRadio – www.thegreatcomplottoradio.com

zen circus
Eccoci di nuovo al Deposito Giordani (no, non riesco proprio a chiamarlo Naonian Concert Hall, scusate… maledetti inglesismi) per un altro gruppo della casa discografica e collettivo di artisti La Tempesta (collettivo di artisti), dopo i Tre Allegri Ragazzi Morti e il loro bel concerto di pochi giorni prima.
Avevo visto Andrea Appino, il cantante degli Zen Circus, qualche tempo fa proprio qui al Deposito ma quella volta era nella sua veste di artista solista, con la presentazione del suo primo interessante album solo.
Stasera invece si esibiscono gli Zen Circus nella loro formazione storica e cioè:
Andrea Appino – voce, chitarra, Ufo (Massimiliano Schiavelli) – basso, cori, e Karim Qqru – batteria, percussioni, cori.
L’occasione è anche quella di sentire diverse canzoni dal loro ultimo album “Canzoni Contro La Natura”, edito appunto dalla Tempesta e uscito quest’anno.
Il Deposito Giordani non è pieno certamente, non c’è il pubblico che c’era pei TARM, ma non c’è nemmeno il vuoto delle serate buche. Un buon afflusso di pubblico, più che sufficientemente adeguato alla serata.
Prima di lui si esibisce un interessante artista a me sinceramente sconosciuto, Giovanni Truppi, con solo voce e chitarra elettrica, che  esprime un modo di cantare sicuramente non banale. Una specie di mix fra poesia, recitazione e canzone. Coadiuvato anche alla batteria proprio da Andrea Appino, in alcuni brani.
Ecco che dopo una lunga intro di suoni di bosco e natura, inizia il concerto del Circo Zen.
Devo dire che nell’insieme dei loro brani, si può effettuare subito una divisione di massima e cioè i brani più “rock”, e cioè arrangiati con la chitarra elettrica e una maggiore “spinta”, e invece quelli più di stile cantautorale, con chitarra acustica e minore riempimento sonoro, leggermente più rarefatti.
Ecco, io, non essendo comunque un vero fan della band, preferisco però decisamente questa seconda categoria.
E’ proprio nelle ballate folk che il talento di Appino nel cantato e nei testi ci raggiunge meglio, più intelligibile e più emozionante.
Fortunatamente dopo alcune canzoni, il mixerista prende le misure e ci rende capibili le parole anche nei brani più rock, cosa che auspico per quasi ogni concerto a cui assisto, ma che è ancora più importante con artisti che si basano soprattutto sulla parola, come Appino ( e ancor più con Capovilla del Teatro Degli Orrori, così tante volte ammutolito nella suo bel cantato teatrale dalle soverchianti chitarre elettriche, purtroppo).

Il modo di cantare di Appino, un po’ lamentoso sui finali di parola, un po’ strascicato, non mi dispiace. La sua voce e i suoi testi riportano a un’atmosfera anni ’70, rivendicazioni, canzoni popolari, inni e battaglie politiche.
Tra un brano e l’altro alcuni siperietti parlati, soprattutto di Ufo, il bassista con notevole personalità.
Quello più apprezzato da tutti è però una sorta di di TG, con sigla e voce di annunciatore, che snocciola una fantastica serie di finti titoli di news, presi invece da http://www.lercio.it. Davvero irresistibili!

Del nuovo album ascoltiamo diverse canzoni.
Iniziano con Canzone contro la natura, poi sentiamo, tutte coraggiosamente verso la fine del live, No Way, Postumia, Vai vai vai!, Albero di tiglio, Viva…

Ma naturalmente nel mezzo ci sono tani altri brani tratti da “Andate tutti affanculo” e “Nati per subire”, i loro due precedenti album, quelli della svolta del cantare in italiano.
Quelli che preferisco sono sempre quelli con la chitarra acustica, come il finale bellissimo di Andate Tutti Affanculo, Aprire Un Bar In Centro (col pubblico a fare il coro), Ragazzo Eroe (dissertazione di come questa parli di Via Del Pre, che è la continuazione stradale della Via Del Campo di Fabrizio De André), fino alla cinica Canzone di Natale, allegra e irriverente ballata in acustico.
E poi quello che è davvero un inno, l’unica che funziona veramente in veste rock, e cioè L’Egoista, accolta con calore dal pubblico che la canta a squaciagola assieme a loro.
Tirando le somme?
Gli Zen Circus sono un gruppo interessante, forse un po’ banale negli arragiamenti rock, ma sempre pungenti, soprattutto nei testi e nel modo di cantarli.
Appino alle volte mi ricorda, musicalmente, Rino Gaetano, e tutti e tre mi ricordano molto, fisicamente, alcuni personaggio dei fumetti di Andrea Pazienza, stile Zanardi.
Il che non è affatto male.
Forse un po’ di originalità musicale in più non guasterebbe.

Massimo Adolph Nutini
07/05/14 – TheGreatComplottoRadio.com

Ecco la scaletta originale del concerto.

Zen Circus Scaletta