Novità – Superhumanoids, Do You Feel Ok?

a1191769832_10<<< IN BREVE >>> Superhumanoids, Do You Feel Ok?

Album uscito venerdì 11 settembre 2015, composto da 11 brani, acquistabile in versione digitale, cd o vinile su Bandcamp (dai 10$ ai 18$ circa)

Disponibile in versione digitale anche su iTunes

Per ascoltarli in streaming su Soundcloud

Sito www.superhumanoids.com

Genere: electro indie pop

Voto: OTTO e mezzo. Caleidoscopico, rilassante ed energetico, tutto in uno!

Il trio di Los Angeles colpisce ancora!

Sarah Chernoff, Cameron Parker e Max St. John hanno fatto centro anche con il secondo album. Do You Feel Ok? è uscito lo scorso 11 settembre e il mio caloroso consiglio è di non aspettare, ma andare in uno dei link riportati qui sopra e acquistare o comunque ascoltare! Già dalla prima canzone è possibile capire la loro potenza, che è complessa, ma chiarissima, tradotta in suono grazie ad un uso pazzesco della tecnologia e dei suoni digitali da parte di St. John. E poi c’è Sarah, con la sua voce avvolgente, eterea, priva di gravità! Questo gruppo è in grado di passare dalla dance/elettronica al pop/rock senza mai perdere la sua identità. E quest’album sarà difficilmente superabile per loro!! Ma mai dire mai! 😉

In un’intervista hanno dichiarato che in fase di registrazione avevano avuto molti dubbi sulla composizione dei brani.

“Nel bel mezzo della registrazione, siamo andati in tour con Erasure e ci siamo resi conto che le canzoni non stavano avendo l’atmosfera energica che speravamo. […] Quando siamo tornati a casa abbiamo fatto i cambiamenti necessari per creare l’energia. Abbiamo scritto canzoni aggiuntive e apportato modifiche alla produzione e abbiamo sentito che tutto era più eccitante”

Tracklist:

01 – Anxious In Venice

02 – Oh Me I

03 – Norwegian Black Metal

04 – Touch Me

05 – Dull Boy

06 – Death Rattle

07 – Dada

08 – Do You Feel OK_

09 – 12 Fingers

10 – I Want To Believe

11 – Blinking Screens

 

Novità – The Libertines, Anthems for Doomed Youth

Anthems for Doomed Youth

<<< IN BREVE >>> The Libertines – Anthems for Doomed Youth

Album uscito venerdì 11 settembre 2015, composto da 12 brani (+ 4 brani nella versione Deluxe).

Disponibile in 3 formati: digitale, cd e vinile. A breve sarà messo nel mercato anche un cofanetto che conterrà il cd e il vinile dell’edizione Deluxe, un filmato esclusivo e alcune stampe artistiche autografate.

Etichetta: Virgin EMI. Produttore: Jake Goslin

Voto: SETTE. L’album è ok in generale, ma alcuni brani spaccano.

 

E’ uscito il terzo album dei The Libertines, dal titolo Anthems for Doomed Youth, ossia Inni per Giovani Spacciati. Perché doomed vuol dire condannato, ma anche destinato all’insuccesso, spacciato appunto, sfigato, perdente, looser con la L sulla fronte insomma!

Un po’ di dati: ci sono 12 canzoni per un totale di 45 minuti circa di garage indie rock, talvolta tormentato, talvolta spensierato e addirittura sdolcinato, come nella traccia ononima o in Iceman, per dirne un paio. Hanno messo nel mercato anche una versione Deluxe, che contiene 4 extra bonus tracks. Una curiosità: l’album è stato registrato (dopo 11 anni dal precedente) in Thailandia, dove si trovava Pete Doherty in fase di disintossicazione. Pare che l’assenza delle droghe pesanti abbia addolcito il duo Doherty-Barat: come dicevo prima, l’ascolto dell’album ci rimanda ad atmosfere molto soft, lo consiglierei anche come sottofondo in ufficio, se non avete a che fare con colleghi o clienti spiccatamente pop! Gunga Din, posizionata come seconda traccia, alterna ritmi reggae a ritornelli più trionfali e brit-pop. Fame and Fortune è un vero e proprio inno, una marcetta molto orecchiabile e piacevole all’ascolto. Spicca per diversità la canzone Fury of Chonburi (traccia 9), con ritmo più sostenuto e un basso quasi punk. La traccia numero 8, Heart of the Matter, mi ha incuriosita per il testo: il periodo “spazzatura” di Doherty dev’essere davvero finito, almeno per ora, e credo che questa canzone ne sia la dichiarazione ufficiale… Riporto di seguito alcune frasi, così potete farvi un’idea di quello che intendo.

With all the battering it’s taken / I’m surprised it’s still ticking / Yeah with all the battering it’s taken / I’m surprised it’s still ticking / Let’s get straight to the heart of the matter / So glum, it’s all on a platter / So what’s the matter, what’s the matter today?

Alla 11, Glasgow Coma Scale Blues, si trova un’atmosfera quasi da Beach Boys o forse Beatles (quelli “poppeggianti”), per poi concludere l’album con la melanconica Dead For Love, triste, lenta… Uno strascico della depressione che ha colpito Barat?

In generale The Libertines sono ritornati nella scena musicale fedeli a se stessi, ma fin dal primo ascolto è possibile notare una piccola evoluzione che li rende più maturi e meno scontati. Tuttavia non credo che in futuro ci saranno grandi sorprese dal punto di vista musicale, anche se questo nuovo album ha fatto un passo in più rispetto ai due precedenti. Magari mi sbaglio, ma li considero ancora troppo “clonati” e poco riconoscibili rispetto al genere che suonano.

 

Tracklist:

  1. Barbarians
  2. Gunga Din
  3. Fame and Fortune
  4. Anthem for Doomed Youth
  5. You’re My Waterloo
  6. Belly of the Beast
  7. Iceman
  8. Heart of the Matter
  9. Fury of Chomburi
  10. The Milkman’s Horse
  11. Glasgow Coma Scale Blues
  12. Dead for Love
  13. Love on the Dole (Deluxe ed.)
  14. Bucket Shop (Deluxe ed.)
  15. Lust of the Libertines (Deluxe ed.)
  16. 7 Deadly Sins (Deluxe ed.)

 

LUME

LUME AlbumI Lume nascono nel 2012, nelle foreste del profondo nord-est italiano (cit. dalla pagina facebook della band) ed è così che risulta la loro ispirazione: selvatica. I suoni mutano repentini, la voce di Anna sorprende con acuti e urla, lanciata sui giri punk della band.
Posso anticiparvi lo spirito del disco, ricordando che i LUME nel 2012 parteciparono all’All Tomorrows Party Festival, il festival di “musica parallela” dell’East Sussex, dove confluiscono le band che portano avanti l’avanguardia punk e post rock.
La band è dentro questo flusso parallelo e la sua vena creativa rilancia ogni linguaggio conosciuto.
LUME (Blinde Proteus, 2014) esordisce con un’alba carezzevole (Sunrise) e predittivamente breve, che ci accompagna dentro le foreste d’oriente dei LUME.
Lucky number porta l’impronta inconfondibile dei One Dimensional, sfruttando la voce di Anna per sostenere i salire di batteria nel tentativo di risollevare la chitarra profonda, per poi avvolgere tutto in un vortice di nuovo discendente.
Bad daughter prova a creare un andamento rassicurante in maniera volutamente sghemba, mentre Charge ci riporta ai giri scuri di basso, messi in evidenza dalla batteria insistente. In Elastica la batteria rimbalza all’indietro, disturbante rispetto all’eco fluida e scorrevole della voce, con risultati di sorprendente perfezione.
Joke si allunga su scherzi di corde e dolcezze vocali, creando un quadro di algida bellezza.
Domino introduce un piano fin’ora poco sentito: ossessivo e pesante, dove la voce si introduce seducente. Con Aero Bleach sembra quasi che la band si sia voluta prendere 3 minuti di libero e glorioso sfogo, per tornare a espolrare angoli noise con Breake Free. Bye bye baby ironizza sulla solennità, per partire improvviso in una folle marcia punk. The twee twee dance rielabora un riff del classic rock, disturbandolo con tocchi grunge.
I LUME sono Anna Carrazzai (voce qui e per i Love in elevator), Franz Valente (batteria del Teatro degli Orrori, e prima ancora One Dimensional Man, batteria e voce qui) e Andrea Abbrescia (batteria, synth, voce). L’omonimo album di esordio, di cui vi ho parlato, è stato mixato da Marco Fasolo (voce e chitarra dei Jennifer Jentle).

I giorni dell’assenzio – Immacolata solitudine (Ridens Records, 2014)

Immacolata solitudineImmacolato, bianco, puro, integro. L’aggettivo del titolo è fuorviante, vi avverto. I giorni dell’assenzio sono ruvidi, cantano odi stracciate, poco hanno a che fare con il candore, di più li riguarda il rosso della copertina del loro primo disco.
Solitudine, lontananza, isolamento, silenzio. L’aggettivo che precede questa parola potrebbe farci pensare all’eremo di qualche santo, al ritiro ascetico di uno spirito lontano dagli stravolgimenti del cuore e delle passioni.
Di nuovo vi avverto: la solitudine dei Giorni dell’assenzio affonda le mani nei vuoti dell’anima, nella fame dell’amore, nell’irrazionalità che poco ha a che fare con l’ascetismo.
Me lo sono chiesto il perché di questo tiolo. Mi sono data una risposta che è assai probabile non abbia mai sfiorato la mente di qualcuno della band, ma si sa, anche le canzoni sono di chi le ascolta, non solo di chi le scrive e le esegue.
La mia risposta è stata che l’anima di questo disco sta nel vuoto che crea l’incontro dei due signifati: così algidi e freddi, scavano un solco in cui scorre l’abisso del loro contrario. A questo vi dovrete preparare: al porpora, ai giganti, al male amore, alla radioattività…
Immacolata solitudine (Ridens Records, 2014) succede a un Ep, pubblicato a seguito della vittoria di Mattia (chitarra), Tania (basso) e Mauro (batteria) del contest “Songs forMagg1o” (2012), nel teatino.
Questo album d’esordio della giovane band ci regala un bell’ascolto indie rock, di ispirazione scismatica.
I testi sono poetici rabbiosi estratti di un quotidiano sofferto, forse poco valorizzati nella loro originalità da dei riff di chitarra sovente ripetitivi. I giorni del’assenzio ci sanno fare già molto con le parole, forse devono acquistare maggiore perizia con la composizione musicale o, al contrario, abbandonare uno stile d’effetto, com’è certo il coro lanciato su una chitarra sfrenata, per trovare il loro suono, che li vesta più adeguatamente.
Primo brillante lavoro, da provare di certo live!

V4V Records presenta: Die Abete//Verily So//Gouton Rouge//I Missili

v4vivaLa V4V Records è un’etichetta giovanissima che in poco più di due anni di vita si è guadagnata rapidamente un ottimo credito nel panorama indipendente italiano non solo per merito della comprovata qualità del materiale proposto, ma anche grazie all’accessibilità semplificata delle loro pubblicazioni quasi tutte disponibili in free download, una vera benedizione per il pigro ascoltatore contemporaneo ormai totalmente indotto alla fruizione liquida dai vari Spotify, Youtube, torrent e derivati.

Ecco quindi di seguito un breve vademecum su quattro uscite discografiche delle scorse settimane da portare sotto l’ombrellone.

Partiamo subito in picchiata con i Die Abete, band umbra che esordisce con “Tutto o Niente” pubblicato da V4V Records con la Fallo Records. Il disco fa l’effetto di una pioggia di schiaffi in pieno volto, puro hardcore, post-hardcore e screamo per 8 brani condensati in appena 13′ e 40” di apnea rabbiosa. Da “Where Are My Keys” a “UT” i Die Abete concedono davvero poco in termini di variazioni sul tema: c’è l’emocore di “Scrittore Verace”, l’inattesa batteria in levare in “Tommy Was Superman” (che con i suoi 3 minuti abbondanti è il pezzo più lungo del disco) e una rivisitazione in salsa hardcore di un classico de I Corvi datato 1966, “Ragazzo di Strada”. I testi, misantropi e nichilisti per quel poco che si può capire, alternano italiano e inglese con voci multiple rigorosamente sgraziate e urlate fino allo sfinimento. Sicuramente è un album che farà presa rapida sugli appassionati del genere ma che non lascia spazio a mezze misure: o ti piace o lo odi, tutto o niente appunto.

https://www.youtube.com/watch?v=5SQlH-asDIE

Passando dal distillato di violenza dei Die Abete a sonorità più leggere e accessibili, ecco a voi “Islands”, secondo LP dei Verily So  uscito il 3 giugno su V4V Records e W//M. Per il quartetto toscano il seguito dell’omonimo album d’esordio del 2011 è “un concept involontario sull’incomunicabilità” musicalmente collocabile a metà strada tra il pop etero dei Mazzy Star e lo shoegaze dilatato degli Slowdive. La struttura melodica è l’elemento portante delle 8 tracce di “Islands”, le voci calde e delicate sono come appese ai feedback e ai riverberi delle chirarre, ora deflagranti e avvolgenti come in “To Behold”, ora morbide e discrete come nel lento incedere di “Sudden Death” e nella title-track conclusiva, passando per “Nothing in The Middle” che rimanda ai suoni folk/wave degli esordi. Ai Verily So si può giusto rimproverare l’eccessiva patinatura pop del disco, a partire dalle linee vocali sempre pulite e in primo piano, quasi a voler garantire all’ascoltatore un approdo melodico sicuro pur in mezzo ad un naufragio onirico.

https://www.youtube.com/watch?v=97Fv-pNkOy4

Ci sono poi i Gouton Rouge, gruppo di Busto Arsizio che da grande avrebbe voluto fare shoegaze e invece dà alle stampe questo concentrato power-pop dal titolo “Carne”, disco d’esordio per V4V Records che di shoegaze ha giusto qualche sfumatura. Certo, è evidente che i quattro hanno una certa confidenza con pedaliere e affini per spremere dai loro strumenti suoni meno convenzionali, ma per le atmosfere sospese e trasognanti meglio rivolgersi ai sopracitati Verily So perché, a parte due brani “spezzabolgia” (“Discese” e “Ancora”, non a caso rispettivamente a metà e a chiusura del disco). in “Carne” le chitarre corrono compresse e spedite con pezzi che sono dei piacevoli mordi e fuggi più affini per attitudine alla caleidoscopica scena garage californiana dei vari Ty Segall, Mikal Cronin e Thee Oh Sees. Le voci filtrate, tra falsetti e gridi arruginiti, e i testi dal forte spleen post-adolescenziale completano il quadro di questa band che suona a tratti come una versione meno depressa dei primi Verdena. Per chi va di fretta, buttate assolutamente un orecchio su “Attratti” e “Sbiadire”, due brani che si guadagneranno certamente un posto d’onore nelle vostre playlist di stagione.

https://www.youtube.com/watch?v=Bb95QCNxjIU

Caliamo infine il poker con il collettivo abruzzese de I Missili per l’album più fresco del lotto che chiude questa eclettica carrellata a marchio V4V Records. “Le Vitamine” è disco smaliziato, arioso, molto orecchiabile e anche un po’ ruffiano per come si abbandona alla melodia zuccherina di facile assimilazione. Tuttavia I Missili non si limitano a svolgere un compitino pop con strofa/ponte/rintornello e dimostrano anzi un certo gusto nello sperimentare soluzioni sonore di ampio respiro che combinano indie pop scanzonato (“A Bastonate”, “Se Vai”), synth-pop (“Ci Vorrebbe un Coltello”), folk (“Le Vitamine”), psichedelia edulcorata (“Fossili) e ritmi tropicali (“Dio Romano”) .Ognuno degli 8 brani del disco (il numero 8 deve una qualche valenza cabalistica per la V4V) vive di proprie peculiarità pur mantenendo un’omogeneità di fondo fatta di romanticismo ingenuo, giocoso e, cosa fondamentale per un bel disco pop, mai banale nella sua semplicità.

https://www.youtube.com/watch?v=r_64OlOVLbM

Arrivati al fondo di questo articolo è giunto il momento di fare il vostro dovere di appassionati e mettere mano alle vostre Postepay. Un’eticchetta, 4 band, 32 canzoni e innumerevoli buone motivazioni per lasciare un piccolo obolo per la causa di almeno uno dei gruppi della scuderia V4V presentati qui e uscire dal guscio del consumatore passivo. Magari rinunciando per un weekend al solito cocktail da dehor estivo (rigorosamente al 70% ghiaccio e servito in un bicchiere di plastica), perché è sempre bene ricordare che pagare per qualcosa che si può avere gratis non è stupidità ma è un gesto d’amore verso la buona musica indipendente.

Buone vacanze.

Live – Scott Matthew @Mojotic festival 2014 – Sestri Levante

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Sabato 14 giugno ho assistito per la prima volta a un live di Scott Matthew e vi raccomando di non farvelo scappare, se dovesse capitare dalle vostre parti.
Scott Matthew ha realizzato lo scorso anno un cd di cover (Unlearned, per l’etichetta Glitterhouse Records), un omaggio alla musica che ascoltava suo padre e che ha riempito le orecchie della sua infanzia. Potrete sentire una versione “da cameretta” di “Anarchy in U.K.” dei Sex Pistols, cioè come la potrebbe cantare un ragazzino melanconico nella sua stanza di adolescente: lo spirito solitario di questa versione condivide con l’originale la lontananza spirituale con la realtà che circonda il protagonista e il desiderio di un ordine anarchico in totale contrapposizione alla quotidianità.
Così anche le altre cover assumeranno un tono intimista, drammatico e ricco di pathos, che mai avreste potuto sospettare in “I wanna dance with somebody” di Whitney Huston.
Dalla sua pagina web <http://www.scottmatthewmusic.com/>, Scott ci invita a dimenticare le canzoni come erano, poiché puoi imparare un nuovo modo solo se dimentichi quello che conosci.
“Harvest moon” la senti sulla pelle: Scott ha il dono raro di arrivare con la sua voce direttamente ai nervi scoperti di ognuno (ai miei di certo), di coinvolgere completamente con quella sola. Il live non consiste però in voce sola: sul palco Scott alla chitarra e all’ukulele, più una secondo musicista alla chitarra.
L’esibizione si è svolta nell’ambito del Mojotic Festival a Sestri Levante, presso un ex convento: fuori una pioggia estiva e all’interno circa cinquanta persone, un pubblico attento tra cui diversi fan. Scott, a suo perfetto agio, ha raccontato le storie dei brani, sorseggiato vino rosso e concluso la sua esibizione eseguendo l’ultimo bis (“No surprises” dei Radiohead) all’esterno, dove inizialmente il concerto era stato programmato, con l’ukulele, sotto l’ombrello di un fan.

Qui la scaletta della serata:

-To love somebody
-Anarchy in U.K.
-To wonder of falling in love
-I wanna dance with somebody
-Harvest moon
-Upside down
-Smile
-In the end
-L.O.V.E.
-Community
-Annie’s song
-Abandoned
-Duet
-Total control
-Little bird
-White house
-Friends and foes

-Here we go again
-Love will tear us apart
-No surprises

Calibro 35 @Macallé (Alessandria)

Calibro 35 Alessandria 15 03 2014Sabato 15 marzo le persone che affollavano il Macallé di Castelceriolo, alle porte di Alessandria, hanno vissuto un salto all’indietro nel tempo, ritrovandosi di colpo negli anni Settanta. Questa volta non c’è stato bisogno della DeLorean di Emmett “doc” Brown, ma è bastata la musica dei Calibro35. La band, composta da Enrico Gabrielli, Massimo Martellotta, Fabio Rondanini e Luca Cavina, a cavallo tra un lungo tour che la vede protagonista in varie città europee ha fatto una tappa speciale ad Alessandria, per presentare il nuovo album “Traditori di tutti”, ispirato a un romanzo di Giorgio Scerbanenco: speciale per la location. Infatti il palco, la sala e persino il bar del cinema teatro Macallè sono ancora rigorosamente vintage, tanto che qualche anno ospitano il festival “Primavera Beat” che attira appassionati di garage-rock e musica Sixties. In due ore di concerto scatenato i Calibro35, con tanto di passamontagna calcato sul viso, hanno proposto le 12 tracce dell’album che ripercorrono la trama del noir di Scerbanenco, ambientato tra la mala dei Navigli milanesi. Il pubblico si è particolarmente scaldato sulle note di “Giulia mon amour”, una bella cavalcata beat in puro stile “beat a Cinecittà” degli anni Sessanta; con “Stainless Steel”, composta da sax e riff di chitarra e con il suono acid-funky di “Vendetta”. In scaletta non sono mancati i pezzi classici degli album precedenti, come “Notte in Bovisa”, “Italia a mano armata”, “Convergere in Giambellino”, “Uh ah brrrr”, oltre a cover tratte da celebri colonne sonore, come “Un cittadino al di sopra di ogni sospetto”. Apparentemente poteva trattarsi di un concerto difficile da apprezzare per un pubblico vasto, a parte gli appassionati del genere “poliziottesco” all’italiana, eppure la sala si è “scaldata” rapidamente, sia nel dancefloor che sugli spalti e alla fine si vedevano tante persone sudate e felici per aver ascoltato e ballato una musica suonata davvero con maestria dai quattro polistrumentisti. La serata era stata aperta dai Dead Models, banda alessandrina che, giunta al decimo anno d’età, ha avviato un profondo sta vivendo una fase di cambiamento, tra cambi di formazione e una maggior maturità. Hanno presentato la nuova homerecording “HCOL” davvero ben suonata e coinvolgente: suonavano in casa ma sono stati superiori alle aspettative. Insomma, una serata di “superior quality”, ben organizzata, che ha riunito tanti appassionati di vari generi musicali e che ha costituito uno sfizioso antipasto in attesa dei festival estivi. Buona primavera a tutti e…let’s rock!

Ringrazio per questo live report e per la foto Andrea Villa, che si è prestato come ghostwriter.

Anna Calvi @ Hiroshima mon amour, Torino, 21 febbraio 2014

Anna Calvi @Hiroshima 2014
Anna Calvi @Hiroshima 2014

Grande attesa all’Hiroshima per la cantantessa britannica che Inizia così, con un live entusiasmante, il suo tour italiano di quest’anno.
Accolta da applausi e da un pubblico impaziente, Anna Calvi sale sul palco assieme alle sue chitarre e a tre altri musicisti: le tastiere e i synth alla sua destra, batteria alle spalle e uno strabiliante “piano di rumori” alla sua sinistra, in cui si trovano apparecchiati innumerevoli strumenti: percussioni e archi tra i più originali, uno xilofono e uno shruti box (credo!). Quando ringrazierà i musicisti, Anna presenterà la polistrumentista che si occupava di questo lato del palco dicendo: “Lei è il mio ogni cosa“.
Il palco si fa rosso di luci, come la camicia di Anna e come il suo  sofisticato rossetto, per dare il via allo spettacolo con “Suzanne and I”, dal suo primo omonimo album (per l’etichetta Domino, 2011). Un inizio dal passato, che ha subito entusiasmato i molti fan che la seguono dall’esordio. La scaletta continua con brani dal suo ultimo nato: “One breath” (sempre per Domino, 2013); tuttavia non suonerà tutti i pezzi compresi nell’album. E’ un crescendo che passa da “Suddenly”, fino agli assoli di chitarra di “Cry”. C’è anche “Surrender”, cover di Elvis, che Anna ripropone mantenendo il gusto ’50 per le love songs, ma con il tocco più profondo e sensuale della sua incredibile voce.
Ammirati la guradiamo rapita dalla sua chitarra in “Rider ti the sea” .  Ci scateniamo con “Love of my life” e anneghiamo nel suo scurissimo assolo in “Carry me over”.
La scaletta prevede una seconda cover, del Boss stavolta, “Fire”, e concede un bis per finire la serata con la terza cover, il suo debutto: Jezebel (scritto da Wayne Shanklin, 1951).
Anna interpreta sul palco la sua musica in maniera coinvolgente, viva, sofferta; ha lo stile di Nick Cave, la passione di Patti Smith, ne siamo incantati.
Qui la scaletta completa:

Suzanne and I
Sign to me suddenly
Cry
Surrender (Elvis Presley cover)
Rider to the sea
First we kiss
I’ll be your man
Love of my life
Piece by piece
Carry me over
Bleed into me
Fire (Bruce Springsteen cover)
Desire
Love won’t be leaving

Kiss to your twin
Blackout
Jezebel (Wayne Shanklin cover)