Caparezza @ Kioene Arena (PD) – 2 Dicembre 2017

Nuovo tour per Caparezza in occasione dell’uscita di  “Prisoner 709”, album anticipato dal singolo che porta lo stesso titolo.

L’album registrato a Molfetta e mixato da Los Angeles, avvalendosi della collaborazione di Chris Lord-Age, è un concept di 16 brani alcuni dei quali scritti in collaborazione con John De Leo e Max Gazzè.

Per info e biglietti www.zedlive.com

 

Black Mountain: 5 Luglio @ Padova – Parco della Musica

Dopo aver conquistato i palchi invernali di Torino e Bologna, i Black Mountain si preparano a tornare nel nostro Paese per tre date estive con il nuovo album “IV”, pubblicato il 1 aprile, e martedì 5 luglio saranno al Parco Della Musica – Padova! Special guest saranno i Mondo Naif, impetuoso trio trevigiano tra i fondatori del collettivo underground padovano Sotterranei. I biglietti per i concerti sono disponibili su circuito Ticketone e nei punti vendita Vivaticket.

BM_PD_A3-guestI Black Mountain nascono dalle ceneri dei Jerk With A Bond, di cui facevano parte il leader Stephen McBean e Joshua Wells. Ben presto il gruppo si trasforma in un vero e proprio collettivo chiamato Black Mountain Army, che promuove anche side-project paralleli dei componenti del gruppo (ad esempio, i Pink Mountaintops dello stesso McBean). Il primo album della band è il self-titled “Black Mountain” (Jagjaguwar, 2005), che sorprende la critica grazie all’abile miscela di hard rock e psichedelia. Nel secondo lavoro “In The Future” (Jagjaguwar, 2008) la band aggiunge al proprio sound elementi di rock progressivo e folk; la scelta viene premiata, e l’album ottiene una nomination come Best alternative album ai Juno Awards 2009. Il terzo lavoro “Wilderness Heart” (Jagjaguwar, 2010) si spinge verso una maggiore rivalutazione del sound folk americano, sempre affiancato al loro classico suono psichedelico di matrice hard. Il 1 aprile 2016 hanno pubblicato il quarto album in studio “IV”.

I Black Mountain sono Stephen McBean (voce e chitarra),Amber Webber (voce), Jeremy Schmidt (tastiere), Jonny Olsin(basso, tastiere) e Joshua Wells (batteria).

 

Evento FB: https://www.facebook.com/events/1062063297187122/

 

Paolo Nutini – 18 luglio – Piazzola sul Brenta (PD)

10538409_10204284587698514_461440367_nHigh Hopes (o great expectations)

Sullo sfondo vivace e sinistro di Cyclone, l’opera più famosa dell’artista britannico contemporaneo Dan Baldwin, si apre la scena del concerto di Paolo Nutini.

Il ragazzo di Paisley è cresciuto: si è fatto attendere dopo l’esibizione dei Rainband di Manchester, concedendosi ai fan dopo tre quarti d’ora (accademici); e questa volta non ha circoscritto i movimenti al cilindro del microfono. Dico “questa volta” perché prima di arrivare a Piazzola avevo ancora impressa nella memoria la performance di Roncade, il 24 novembre 2009, e non era un bel ricordo. Il Paolo Nutini di Sunny Side Up non era riuscito ad esprimere sul palco la solarità del suo allora ultimo album, forse sopraffatto da una timidezza che ancora non riusciva a gestire. E che troppo strideva con la natura energica della sua nuova musica.10565759_10204284662940395_2083296221_n

Ma Piazzola è stata diversa: il contesto ha aiutato, certamente. Non più lo spazio limitato e chiuso di un New Age autunnale, ma l’anticamera a cielo aperto di una villa seicentesca, arricchita da lampi, tuoni e cielo violeggiante. Niente di più soul, niente di più blues. Il quadro più inaspettatamente adatto a contornare la performance di un artista che con Caustic Love ha scelto di spingersi una bella manciata di passa più in là nell’esplorazione di una delle sue anime musicali, il soul appunto. Il cielo tiene ancora, e Paolo entra in chiodo e stivale pesante: la scaletta dice Scream (Funk My Life Up) facendo sentire il pubblico subito a casa, e poi continua con la seconda della scaletta e dell’album, Let Me Down Easy. E qui è doveroso fermarsi subito. Canzone tra le più simboliche del soul, una hot rhythm and blues per la precisione: cantata per prima dall’americana Bettye LaVette nel lontano e moderno 1965. Possiamo dire in tutta tranquillità che Paolo è andato sul sicuro, ma ha anche rischiato con questo classico che induce alla venerazione. La scelta di reinterpretarla con l’aiuto di una seconda voce femminile, che interviene più volte nel corso del concerto con un effetto tra la Motown e la lirica, vince e convince.

Il concerto continua in realtà10555186_10204284601898869_1694488022_n senza grandi sorprese, a parte quella gradevole di vedere un cantante più disinvolto e meno perso nell’ascolto intimo della propria musica. Si passa da brani più vecchi, come Jenny Don’t Be Hasty (con coda in New Shoes), ai recentissimi Better Man e Diana, a creare un’atmosfera romantica forse troppo anticipata. Da notare comunque che tutti i pezzi di Sunny Side Up sono rivisitati non saprei ben definire in che chiave – ma forse nemmeno Paolo lo sa o lo vuole sapere, restio com’è a dare definizioni col punto finale alla propria musica. E quindi non perdiamoci in chiacchiere. Notiamo che Paolo si è finalmente deciso a togliersi il chiodo (ma non lo stivale) e ad esprimersi anche col corpo, non solo con la voce. La strada è ancora lunga, ma è pur sempre quella giusta.

Com’è facile immaginare non manca neppure Candy, anche questa in versione “altra” rispetto a quella che ci canticchiamo tutti nella mente, e un po’ dispiace, ammettiamolo. Come non manca No Other Way e Iron Sky, e neppure la dedica a Dalla e all’Italia con Caruso, un must per il discendente di Barga (paese toscano d’origine di Nutini padre). Prima però Nutini fa sgranchire le gambe con Pencil Full of Lead.

Ultima, banalmente ultima,10566443_10204284587938520_23195673_n Last Request, che ha però il pregio di unire tutto il pubblico in un solo canto. Si chiude così, ad una voce, un concerto capace di far dimenticare di essere sotto la pioggia, fradici e in spadina, in una sempre meno calda serata di luglio.

Infine, una domanda che passo a chi c’era o a chi ascolta Paolo da casa: non vi aspettavate di veder spuntare sul palco una figura mitologica metà James Brown metà R.Kelly mentre Paolo, ispiratissimo e così soulful, intonava One Day? Sospiro, e high hopes (per il prossimo concerto).

Live – Die Antwoord a Padova: così bravi da sembrare in playback!

dieantwoordIn questa recensione ci sono alcuni approfondimenti tratti da Wikipedia: segui l’asterisco!

Entrano con tuta e microfoni arancione fluo intorno alle 22, ieri sera allo Sherwood Festival di Padova.
Il primo è Dj Hi-Tek*: prende posto al centro del palco con una maschera mostruosa sul viso e inizia subito ad esaltare il pubblico superalternativo di giovani con distorsioni e ritmi incalzanti.
Poi entra Ninja (Watkin Tudor Jones), aggressivo e volgare, seguito a ruota a Yo-Landi Vi$$er (Yolandi Visser), che sembra una piccola eroina di un videogioco cattivo. Il trio di sudafricani non si risparmia e il loro inizio è un’esplosione di urla, volgarità e sembra che il palco prenda fuoco. Ma loro sono Zef* e Zef è stravaganza ed eccesso!

Canzone dopo canzone, il trio inizia a trasformarsi: Ninja si toglie sia felpa che pantaloni XXL, restando a petto nudo e boxer e ritmando le canzoni con movimenti pelvici molto espliciti; Yo-landi appare con una micro t-shirt e leggins laminati (ora assomiglia più ad una sexy bambina combina-guai). Escono anche due ballerine che affiancano il dj: ballano con convulsioni e salti ad una velocità incredibile e sono estreme proprio con le immagini sullo schermo a fondo palco, che ritraggono i due rapper assurdi e inquietanti, insieme a ragazzi deformi, situazioni degradate e un pupazzetto simile a Casper che regge in mano il suo fallo enorme.

Dopo 4 canzoni a ritmo serrato, Ninja si avvicina al bordo del palco e canta con eco e battito di mani. Io ne approfitto per allontanarmi dal sottopalco, ho bisogno di respirare e coprirmi dalla pioggia che è iniziata dopo la prima canzone. I ragazzi del pubblico accompagnano il rapper, hanno tutti le mani alzate e appena riprende l’hip-hop, tra il demenziale e il provocatorio, si divincolano ondeggiando e saltando e penso subito che qualcuno si farà male là in mezzo!
Mi sistemo nell’area mixer: posizione ottima perché rialzata e frontale. Infatti mi salta all’orecchio la precisione acustica delle rime di questa strana coppia di sudafricani, intonazione e tempi sono perfetti tanto da sembrare un playback, una registrazione presa direttamente dal disco.

Si susseguono tutte le canzoni più famose dei loro 3 dischi tra cui Beat Boy, Evil Boy, Fatty Boom Boom, Pitbull Terrier, tratta dall’ultimo album Donker Mag e promossa con un videoclip malato e violento in cui uomini-cane vivono in una periferia degradata insieme a donne-gatto.

Questo spettacolo mi ha rinnovato ancora una volta la convinzione che fare musica “confusionaria” (battuta ed eccessiva in tutto, sia nella composizione che nei testi) necessita di una preparazione intensa e accurata, di studio e prove su prove (oltre ad una sana dose di fantasia e… pazzia!!!).

E dopo solo un’ora, tutti i componenti si inginocchiano come a pregare, salutano ed escono. Ma solo per rientrare urlando “Ole ole Italia” e concludere con Enter the Ninja, uno dei loro singoli di maggiore successo insieme a I Fink U Freeky. Bellissima Yo-landi che esce a saltelli emettendo suoni da videogioco con la sua voce acutissima.

Per essere aggiornati sui Die Antwoord:
Sito ufficiale
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Scaletta completa

DJ Hi-Tek Rulez
Fok Julle Naaiers
Wat kyk jy?
Wat Pomp
Hey Sexy
Dis Iz Why I’m Hot
Fatty Boom Boom
Raging Zef Boner
Rich Bitch
Cookie Thumper!
Pitbull Terrier
Beat Boy
Evil Boy
Baby’s on Fire
I Fink U Freeky
Happy Go Sucky Fucky
Never Le Nkemise 2
Enter the Ninja

*Dj Hi-Tek, il produttore misterioso >

Il gruppo si è formato nel 2008 dall’unione di due cantanti (Ninja e Yolandi Visser) e un produttore (DJ Hi-Tek). La reale identità del produttore del gruppo non è certa perché, nonostante in diverse interviste Ninja presenti Dj Hi-Tek, non si tratta mai della stessa persona. Molti confermano che Dj Hj-Tek sia il ragazzo con una deformazione che appare in alcune scene del video di Enter the Ninja e ribadiscono che nonostante fosse affetto da una malattia degenerativa che lo ha portato alla morte prematura si trattava di un producer riconosciuto, essendo anche riuscito ad avere la lucidità e l’immaginazione per creare la base che ha lanciato la band nel primo disco $O$. Probabilmente questo è il motivo per cui i componenti principali continuano a usare il suo nome in suo onore. Dopo la scomparsa del dj, come si può vedere dai loro concerti, il terzo membro del gruppo indossa sempre la maschera per far sì che rimanga un mistero l’identità del corrente Dj Hi-Tek.

*Zef, lo stile dei poveri >

Zef è una subcultura nata in Sud-Africa, è una parola gergale in afrikaans, che in italiano si può approssimativamente tradurre come “comune” (insieme di cose).
I Die Antwoord usano nella loro musica e nel loro stile gli elementi della cultura ZEF. In un’intervista Ninja ha risposto alle controversie sul modo di definirsi ZEF, in quanto alcune persone definivano questo termine come movimento “dei bianchi” in Sud-Africa. Lui ha risposto dicendo che il razzismo ormai per i sud africani è un po’ obsoleto e fa parte del passato. Lui osserva nuovamente dicendo che le culture sono molto unite, la fine dell’apartheid ha portato non ad un’unione “armoniosa” tra le varie “razze”, bensì ad una fusione in un’unica cosa sola, ha portato tutti ad essere uguali. Il tutto si mischia allo slang che potete sentire anche nelle loro canzoni. Yo-Landi recentemente ha definito il termine ZEF come se fosse associato a quelle persone che “truccano” le loro auto, il loro stile di vita, la loro immagine, mostrando sempre quello stile fresco e diverso dal resto della società. “Zef è tu sei povero ma sei stravagante, tu sei povero ma sei sexy, tu sei povero ma hai stile”.

Slayer – Live 15 Giugno Padova

SlayerDopo quasi due anni di assenza dai palchi italiani, dall’ultimo 7 luglio 2011 al big4 a Rho (MI), i thrasher di Los Angeles presentano la nuova formazione al pubblico italiano.
Orfani del mentore del gruppo Jeff Hanneman, chitarrista e fondatore della storica band, defunto il 3 maggio scorso per un’insufficenza epatica, dopo che per 2 anni a causa di una fascite necrotizzante, era stato costretto a interrompere l’attività live, sostituito dal funambolico Gary Holt degli Exodus.
Poche settimane fa, un’altra notizia triste per tutti i fan più ossessionati della band (tipo me), lo storico batterista Dave Lombardo, lascia in via definitiva gli Slayer per disaccordi con la band, un addio non molto amichevole a quanto pare.
Tutto ciò ne ha risentito molto sull’umore della band, che ha riassoldato Paul Bostaph, già batterista dal 1992 al 2001, e anche sull’assenza dei fan, accorsi non di certo in massa per un gruppo che ogni volta che torna in italia, riempie teatri, palazzetti e arene.

Il pre-concerto è un classico, chioschi pieni, birra a fiumi, rock ‘n’ roll che intrattiene i metalhead giunti da tutto il nord italia, con eccezione degli onnipresenti sardi che giungono accompagnati dalla loro bandiera.
Non ci sono band di spalla e alle 21:18 si ode l’intro di “World Painted Blood”, e il 90% della gente, spiazzata, comincia a correre verso la platea per assistere all’inizio del concerto.
La band da subito appare poco amalgamata, la batteria da sempre l’idea di dover rincorrere gli altri strumenti per stare al passo e i colpi non sono sempre precisi come siamo abituati a sentire.
La scaletta è stata modificata, prediligendo alcune canzoni dell’era Bostaph, la reazione del pubblico non è sempre molto viva, e questo influisce sulla prestazione della band, senza mai omettere però dei classici senza tempo, che fanno tremare il terreno del teatro padovano.
Ciò che influisce più di tutto, è il sound del teatro Geox, una cosa a dir poco vergognosa, le chitarre non mixate si sentivano a destra per chi suonava a destra e idem per chi stava a sinistra, la voce era pressochè incomprensibile, le basse frequenze disturbavano i cuori più deboli, insomma un totale fallimento.
Nonostante tutto, il tatuatissimo chitarrista Kerry King sembra in forma più del solito invece, gli assoli son precisi, fa urlare la chitarra come non mai, e al pomeriggio ha pure concesso una signing session presso un noto negozio di strumenti del Trevigiano.
I pezzi si susseguono senza molti siparietti, fino al momento in cui per gli ultimi due pezzi, viene rimosso il telone con il logo del gruppo, e ne viene esibito uno in memoria di Hanneman, e la sua chitarra viene messa sul palco a far compagnia ai suoi vecchi compari.
Il concerto finisce senza molte parole, un timido “Mille Grazie” del barbuto frontman Tom Araya e la band saluta e si congeda senza troppi complimenti.
Purtroppo il  fardello del nome Slayer sta cominciando a pesare molto; sperando in tempi migliori, ai nostri, diamo un 6,5 politico.

VOTO: 6,5

Scaletta:

  1. Encore: