Massimo Gramellini e Chiara Gamberale : Avrò cura di te – Pordenone Legge 2015

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Serata conclusiva della sedicesima edizione di Pordenone Legge. In un teatro Verdi pieno in ogni posto gli autori di uno dei libri più chiacchierati del 2015 concludono anche il loro tour di presentazione del libro.

” La Cura” di Franco Battiato anticipa la lettura di Massimo Gramellini e Chiara Gamberale del passo “14 Febbraio” di “Avrò cura di te”. I due autori poi cominciano a chiacchierare sul divano presente sul palco.

CG : ” Mancavo da due anni da Pordenone, e oggi che l’ho vista ho pensato che fosse il posto giusto per la conclusione di questo viaggio. Anche se poi un libro non finisce mai.  Proprio due anni fa passeggiando per Roma, Massimo mi  ha lanciato questa idea : un dialogo tra una donna nevrotica ed il suo angelo custode. Gli serviva una donna nevrotica che fa troppe domande e ha guardato me. In questi due anni però ci siamo condizionati molto, abbiamo trovato un punto mediano tra noi due.”

MG : ” I ruoli di possono invertire è vero. Mai avrei pensato che un romanzo epistolare scritto a 4 mani avrebbe potuto essere un successo. Il riscontro più grande l’ho avuto quando la mia dottoressa mi ha detto che una sua paziente è entrata in studio dicendo che lei era Kiki, personaggio del romanzo”

CG : ” I due ruoli presenti nel libro sono anche i ruoli che molti hanno avuto nella vita, ci sono dei momenti in cui le persone hanno bisogno di ascoltare, altre volte di dare consigli. In questo romanzo l’angelo non è un angelo nel modo cristiano di intendere, è comunque un personaggio reale, anche se non esiste”

MG : “Però io penso che la spiritualità in questo libro ci sia, io credo che la vita sia qualcosa oltre i 5 sensi, credo nella reincarnazione ad esempio. Tutti adesso hanno paura della spiritualità, io la amo. La spiritualità non va confusa con la religione però.”

CG : ” Alle persone fa paura anche l’inconscio, quando perdi il controllo trovi anche la persona misteriosa che c’è in te. Il libro è un atlante delle incoerenze umane che l’angelo comprende ma non giudica. Aiuta Gioconda a ritrovare se stessa. Per la teoria dello specchio, dato che lei era in crisi, avrebbe trovato soltanto persone in crisi come lei.”

MG : “Assieme alla teoria dello specchio io sono affezionato alla teoria della corda : se stacchi la corda dell’emozione, soprattutto dopo cose molto dolorose, non soffri ma non ami , diventi depresso e apatico. Marcello Marchesi diceva “l’importante è che la morte ci colga vivi” . Rischiamo di essere dei morti che hanno bisogno di dosi di emozione sempre più forti per essere rianimati.”

CG : “A volte i desideri diventano paure, Gioconda ad esempio non è apatica ma adrenalinica. Ma anche quando provi tutto non provi più nulla. Dobbiamo tornare bambini per ricordare cosa provavamo. Poi a volte proprio gli altri, mentre cambiamo, rischiano di essere un ostacolo e non un vantaggio. Spesso poi il bello è farsi sorprendere da chi hai accanto e con l’aspettativa di vita di adesso direi che è quasi eroico. Il libro non parla però di monogamia. Nessuno dei personaggi è integerrimo. Per me però la monogamia è quando scegli chi sarà la casa della tua vita e per chi sarai la casa della sua. Quando fai così devi accettare che chi arriva a casa a volte ha le scarpe sporche o che prima di arrivare si è perso per strada.”

MG : ” Mi piace sottolineare poi l’aspetto del libro che riguarda l’accettazione e la rassegnazione. Devi accettare una scelta o un evento non rassegnarti, solo nel primo caso puoi cambiarlo. Un mio professore diceva ‘ i se sono la patente dei falliti, i nonostante la patente del succeso’ “

Zero Calcare & Davide Toffolo : Dimentica il mio nome – Pordenone Legge 2015

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Zero Calcare , fumettista rivelazione entrato tra i 12 finalisti dello Strega, intervistato da una delle leggende del fumetto italiano : Davide Toffolo.

DT : “I libri sono destinanti a sparire, assorbiti dai sistemi digitali, le graphic novel sono invece delle opere d’arte e rimarranno nel tempo. Il tuo “dimentica il mio nome” è un romanzo a fumetti, come lo hai immaginato ?”

Zero : “Intanto… essere intervistato da Davide Toffolo mi mette in soggezione, è uno dei fumettisti che ho maggiormente copiato quando, da pischello, cominciavo a fare fumetti. Quando approccio le storie da zero non sono mai sicuro di arrivare ad un risultato che mi soddisfi. La storia di questo libro invece mi è stata consegnata alla morte di mia nonna. Era la storia della mia famiglia. L’unico problema era non rovinare la mitologia di famiglia, dentro c’erano cose dolorose per mia nonna e per mia madre. Il lavoro ha avuto una gestazione delicata. Mia madre mi  ha detto “scrivi quel cazzo che ti pare, basta che non si capisca cosa è vero e cosa no.”

DT : “Il racconto è fatto da diversi capitoli non strutturati, si vede chiaramente il tuo rapporto con la pagina, la vivi come un romanzo. Lavori sempre da solo ?”

Zero: “Tendenzialmente si. Sono timido ed insicuro, non mi piace far vedere le cose mezze fatte. Ultimamente poi vivo sotto consegna continua non posso nemmeno più sperimentare. Quello che sperimento lo do.”

DT : “Nel romanzo non c’è soluzione di continuità. Il tempo salta, ti sposti in tempo zero da bimbo ad adolescente. C’è poi anche lo Zero Calcare che capisce il mondo, quello odierno. Raccontaci come cerchi di raccontare la storia di tua nonna.”

Zero :”La storia per i motivi sopra detti ha dei buchi, ho cercato di riempirli con altre vicende che ne sono collegate, l’inizio della storia di famiglia con l’emigrazione russa in Francia o con la storia della seconda guerra mondiale”

DT : “Il libro è una storia di esistenza, l’esistenza è luogo. Cos’è per te il luogo?”

Zero : “L’identità è una cosa complicata. E’ una serie di cazzotti. L’identitarismo lo trovo un male. L’identità invece è una cosa a cui tengo molto. Spesso l’identità te la danno gli altri ed è legata al posto da cui provieni. L’identità però la trovo legata anche al concetto di riservatezza, In questi anni è passata l’idea che tutto quello che fai deve essere pubblico. Io rivendico anche il diritto al segreto sulle mie cose.”

DT :”Però hai cominciato in rete e continui a tenere il blog”

Zero: “Si e sono pure uno che legge tutto quello che dicono di lui, sono un rosicone , se qualcuno scrive male penso “mo’ non te rispondo ma prima o poi ci incontreremo”. Essendo un timido però non facevo mai vedere i miei lavori, quando pubblichi su carta non sai mai se le tue cose sono piaciute veramente. Sul blog ho il feedback  immediato e capisco se una storia piace e posso continuare su quel filone.”

DT  : ” Qual’è la tua quotidianità?”

Zero : ” Mi sveglio alle 8:30, metto su una serie di puntate di qualche telefilm, prendo il librone di Star Wars, appoggio il foglio A3 sopra e disegno fino a sera. Salto il pranzo e mi alzo solo per pisciare. Questo un po’ mi sta alienando e se non vivo la vita reale non ho da raccontare. Per questo ultimamente utilizzo quello che succede ai miei amici.”

DT : “Parlaci di Kobane”

Zero :” Sono andato a Kobane con i centri sociali e la comunità curda di Roma. Ci sono andato per vivere la voglia di resistenza e il riaffermare un modo di vivere la propria esistenza. Non sono andato per fare un reportage a fumetti, quello è venuto da solo dopo.”

 

Stefano Benni : Cari Mostri – reading Pordenone Legge

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Uno Stefano Benni in forma strepitosa si è presentato al pubblico del Teatro Verdi per questa edizione di Pordenone Legge.

Palco e platea completamente bui, qualche fioca luce rossa e gialla in prossimità dello scrittore e di Riviera Lazzari, strepitosa violoncellista che ha accompagnato il reading di Benni per due dei tre racconti.

I racconti hanno come filo conduttore la mostruosità : la morte, l’orrore, l’angoscia, l’ironia. Il mostro come compagno di vita, di bevute, il mostro come allegoria della vita ordinaria : l’impiegato, la strada, la casa.

Il primo racconto è oscuro : le ultime ore di vita di Edgar Alla Poe a Baltimora ed il suo incontro con il signor Raynolds, ritrattista di morte e proprietario di una bettola ne pressi del Porto. Il secondo è ironico e spietato : la fine di Nosferatu ucciso per caso da un’inflessibile impiegato di Equitalia. Il terzo racconto è onirico e angosciante : un uomo perso nella nebbia cerca di raggiungere la fine della strada in cui si trova la sua casa. Non ci arriverà mai e vagherà per l’eternità in questo sogno di morte.

I tempi e le cadenze di Benni sono ammalianti e il violoncello della Lazzeri è preciso, profondo, dissonante ed armonico.
“La gente ha bisogno delle piccole paure per non dover pensare alle grandi”.
Una grande prova, non c’è che dire.