Bad Religion@ Fiera Della Musica 2016
All Photos by LightTrails / Maura & Cristiano Perricone
2016 © lighttrails.net – All Right Reserved
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Nati nel 2012, all’inizio di quest’anno erano usciti nel mercato musicale con il loro primo omonimo album. E nello stesso periodo un loro concerto era stato annullato a causa del loro nome “offensivo”. All’inizio avevano dichiarato che non c’era nulla di provocatorio o offensivo nel nome della band, ma oggi hanno annunciato che lo cambieranno. Il motivo? Pare si siano stufati di spiegare e giustificare a chiunque la scelta (a caso) di Viet Cong come nome del gruppo.
L’arte e la musica sono un’espressione creativa. Tuttavia, il nostro nome non è la nostra causa, e non abbiamo intenzione di lottare per essa.
Ci sono molte persone più eloquenti di noi che hanno recentemente avuto molto da dire sul nostro nome. Vogliamo fare musica e suonare la nostra musica per i nostri fan. Non siamo qui per causare dolore o ricordare alla gente di atrocità del passato. La verità è che stiamo progettando di cambiare il nome della band; non è stata una decisione facile. Siamo un gruppo di quattro persone con quattro voci individuali; questo dibattito è stato lungo e difficile per noi e c’è voluto tempo per essere concordi su un piano d’azione.
Siamo già stati precipitosi una volta nella decisione del nome, non abbiamo intenzione di correre anche stavolta: decideremo quando saremo tutti e quattro d’accordo. Abbiamo avuto un incredibile sostegno dai fan e li dobbiamo ringraziare tutti per le loro parole.
Sentire questo disco è come concedersi un pranzo succulento dal vostro ristoratore preferito.
I Quasiviri professano il verbo psichedelico con un’inclinazione ironica, fresca e libera da manierismi e da virtuosi di genere. Ascoltando questo album puoi pensare che gli Autechre e gli Zu assieme suonerebbero proprio così, ascoltando questo album senti nostalgia dei Devo.
La band conferma qui la sua vena oroginale, la sua abilità strumentale e la libertà creativa che li contraddistingue: batteria (davvero strepitosa) basso e tastiere.
Super human è grezzo, non aspettevi una psichedelia raffinata o patinata, i brani si fanno valere per il loro slancio, per i testi grotteschi e parodistici.
Pur peercependo che la disrmonia è l’effetto ricercato, alcuni pezzi possono sembnrare scollacciati e mal riusciti, come Thoughts Vs Feelings, finché non realizzi che è un conflitto quello che si tenta di rappresentare e che il procedere sghembo è il senso stesso del pezzo.
Buon ascolto!
Qui per voi The Perennial Pose https://soundcloud.com/wallacerecords/quasiviri-the-perennial-pose
I Lume nascono nel 2012, nelle foreste del profondo nord-est italiano (cit. dalla pagina facebook della band) ed è così che risulta la loro ispirazione: selvatica. I suoni mutano repentini, la voce di Anna sorprende con acuti e urla, lanciata sui giri punk della band.
Posso anticiparvi lo spirito del disco, ricordando che i LUME nel 2012 parteciparono all’All Tomorrows Party Festival, il festival di “musica parallela” dell’East Sussex, dove confluiscono le band che portano avanti l’avanguardia punk e post rock.
La band è dentro questo flusso parallelo e la sua vena creativa rilancia ogni linguaggio conosciuto.
LUME (Blinde Proteus, 2014) esordisce con un’alba carezzevole (Sunrise) e predittivamente breve, che ci accompagna dentro le foreste d’oriente dei LUME.
Lucky number porta l’impronta inconfondibile dei One Dimensional, sfruttando la voce di Anna per sostenere i salire di batteria nel tentativo di risollevare la chitarra profonda, per poi avvolgere tutto in un vortice di nuovo discendente.
Bad daughter prova a creare un andamento rassicurante in maniera volutamente sghemba, mentre Charge ci riporta ai giri scuri di basso, messi in evidenza dalla batteria insistente. In Elastica la batteria rimbalza all’indietro, disturbante rispetto all’eco fluida e scorrevole della voce, con risultati di sorprendente perfezione.
Joke si allunga su scherzi di corde e dolcezze vocali, creando un quadro di algida bellezza.
Domino introduce un piano fin’ora poco sentito: ossessivo e pesante, dove la voce si introduce seducente. Con Aero Bleach sembra quasi che la band si sia voluta prendere 3 minuti di libero e glorioso sfogo, per tornare a espolrare angoli noise con Breake Free. Bye bye baby ironizza sulla solennità, per partire improvviso in una folle marcia punk. The twee twee dance rielabora un riff del classic rock, disturbandolo con tocchi grunge.
I LUME sono Anna Carrazzai (voce qui e per i Love in elevator), Franz Valente (batteria del Teatro degli Orrori, e prima ancora One Dimensional Man, batteria e voce qui) e Andrea Abbrescia (batteria, synth, voce). L’omonimo album di esordio, di cui vi ho parlato, è stato mixato da Marco Fasolo (voce e chitarra dei Jennifer Jentle).
(2014, Nufabric)
Intendiamoci da subito, niente sperimentalismi o contaminazioni sfiziose per i palati più raffinati, qui i Versailles giocano sporco e fedeli all’ortodossia del rocker da cantina: sudato, brutto e molto, molto cattivo. Con questo quasi omonimo VRSLLS EP (pubblicato dalla Nufabric a giugno di quest’anno) il duo pesarese riduce ai minimi termini il concetto di rock’n’roll e ti schiaffa in faccia sette bastonate che vanno ad erigere un solido monolite di chitarre sature di fuzz e pestato di batteria, con canonici power-chords al fulmicotone che si accompagnano a melodie anglofone à la Suicide ingessate da timbriche baritonali e oscure. Il disco si apre con la doppietta a matrice stoner e bpm accelerati di “Summer Pain” e “(T)rap to the E.Y.A.H.” seguita da “Honey, We’re Ready to Funck!” e “Everybody Talks for Free”, pezzi che richiamano quei riff ossessivi e dannati propri del punk ante litteram di Stooges e MC5. Già a questo punto dell’EP si percepisce l’estrema devozione dei Nostri verso gli ultimi 30 anni di sudiciume musicale, vedi alla voce Sonic Youth per “Find the Enemy” che esalta l’anima più noise della band, e “Blah Blah Blah” che suona come una copia (poco riuscita) di un outtake dei Dead Kennedys priva però del mordente della voce di un Jello Biafra di turno. L’impeto garage del sound dei Versailles regge tuttavia anche a questo pezzo “minore” e si risolleva alla grande con la conclusiva “Bring the Noise”, un invito al pogo selvaggio cristallizzato in un brano danzereccio post-punk a tinte wave trascinato da una sezione ritmica esplosiva (vero punto di forza del duo). Nel complesso VRSLLS EP spinge e convince, con suoni radicati in quella violenta urgenza espressiva propria del punk che per sua stessa natura accusa forse di un eccesso di monotonia e prevedibilità, ma non è altro che lo scontato prezzo da pagare per continuare ad irradiare il Santo Verbo distorto del rock’n’roll.
https://www.youtube.com/watch?v=fRp1eNV8Ad0
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