Hatebreed – The Divinity Of Purpose

HatebreedDIVINITYDopo 6 anni di assenza con un album in studio e dopo una miriade di live, gli Hatebreed tornano a perforare i timpani a tutti gli amanti del metal estremo.

“The Divinity Of Purpose” è un album da gustare nei minimi dettagli, grazie ad una produzione magnifica e a dei suoni corposi e ritmati che si incatenano al ruggito del sempreverde Jamey Jasta.

La linea che caratterizza i nostri è la stessa da 15 anni: semplicità, energia e un incedibile presenza scenica dal vivo!

L’album si apre con un pezzo terribilmente significativo e violento: “Put It To The Torch”, che simboleggia quella luce che rischiara l’oscurità spiega il singer, che ci fa incanalare l’energia negativa rendendola all’esterno per scopi positivi.

A seguire i potenti riff di chitarra di “Own Your World” ricordano molto un old school come stile nella composizione, con i cori molto coinvolgenti.

Il genere hardcore è famoso per la tendenza nei testi a parlare di vita di strada, e della difficoltà di essa in certi ambienti e di come si combatta per cambiare le cose, ma Jasta si distacca da questa linea e da quasi un invito a mollare tutto ciò prima di finirci dentro e non poterne più uscire.

La traccia forse più violenta dell’album è “Dead Man Breathing”, un inno allo stile Slayer; emblematica perché dimostra come gli Hatebreed sappiano mescolare vecchio sound a quello più recente senza mai cadere nel banale.

La title track è una canzone che parla di positività, di amicizia, fratellanza, nella vita e nella musica, e del legame positivo tra la band e il proprio pubblico.

Questo album è proprio ciò che riesce al meglio a distinguerli dalla massa di tutte le band americane Hardcore, riaffermando il loro meritato successo mondiale.

Voto: 8,5