Recensione – Breathe The Supernova – Acts Come to an End

Recensione - breathe the supernovaLunga è la strada prima di trovare la propria identità musicale.

Questo ep è un agglomerato di tante cose già sentite da parte di altri: i reef metalcore che ricordano i primi Bullet for my valentine e gli As I lay dying, i cori urlati uguali all’ultimo album dei Bring me the horizon nonché alcune parti di scream sussurrato, come quello che si è “inventato” Oliver Sykes (per  aiutarsi…).

Il tutto è condito da un intro che oramai è un clichè in questo genere e breakdown cattivissimi accompagnati da growl strutturanti.

Le melodie del pulito sono orecchiabili, ma la voce pare un po’ troppo fake: troppi effetti, troppa correzione. Ovviamente non avendoli mai visti live potrei sbagliarmi, ma quello che intendo è che se andassi a vedere un loro concerto e sentissi che i puliti sono stonati ci rimarrei piuttosto male. Un conto è sistemare piccole sbavature, un conto è stravolgere un cantato per renderlo ascoltabile.

Nonostante tutto, c’è da dire che questi ragazzi sono molto bravi in quello che fanno: hanno una preparazione, suonano bene, insomma si sente che c’è passione. Passione che però non sopperisce una mancanza di originalità, forse dovuta al fatto che negli ultimi anni anche le etichette, quali Victory e Rise, hanno prodotto non solo band innovative, ma anche band piuttosto simili tra loro.

Se non avessi mai ascoltato nient’altro sui generis probabilmente riterrei questo lavoro molto molto buono.

Eppure “qualcosina” l’ho già ascoltata e quindi lo ritengo si un buon lavoro, ma un po’ fine a se stesso.

Il disco mi piace, la melodia di Shameless la canticchio per casa dalla prima volta che l’ho sentita, ed essendo questi i presupposti ritengo che questa band del veronese possa fare molto di più e magari proporci un lavoro che esponga la loro vera essenza e non solo ciò che conoscono e gli piace.
No pain no gain, quindi dateci sotto e tirate fuori voi stessi!

Sito web: https://www.facebook.com/breathethesupernova?fref=ts

I Breathe the Supernova sono:

Ivan: voce

Gianluca: voce

Andrea : chitarra

Marco: chitarra

Eris: basso

Giacomo: batteria

Live – Bring Me The Horizon + guests @ New Age Club 23.11.2013

23 Novembre 2013, New Age Club, Roncade, Treviso.

La nostra avventura inizia alle ore 20.15 circa, quando arrivati al New Age vediamo copiosa la gente appostata all’entrata che attende l’apertura delle porte.
Il concerto è sold out, e nonostante tutto c’è qualche coraggioso, visto il tempo piovoso, che pur di partecipare si è precipitato fuori dal locale nella disperata ricerca di un biglietto.

L’opening act di questo evento è ad opera dei Sights and Sounds, gruppo canadese del quale non ero a conoscenza e, alla luce di ciò, ero curiosa di ascoltare.

I primi due brani denotano bravura e un sound caratterizzato da vocali lunghe e accordi a momenti dissonanti e a momenti sostenitori dei vocalizzi.

Ora, permettetemi di dire che la pecca di questo gruppo è la monotonia. Per i tre quarti d’ora in cui hanno suonato mi è sembrato di sentire reiterata la stessa canzone: gli accordi di base sono piuttosto simili (o per meglio dire uguali?), una vocale predomina rispetto all’intero testo, e la ritmica è rassomigliante in ogni brano che hanno proposto.

Secondo Giulian, che dichiara di essersi svegliato solo dopo la conclusione dell’esibizione dei Sights and Sounds, infastidito dagli applausi, il gruppo sembrava una brutta copia dei Deftones quando suonano male.

Insomma, diciamo che le aspettative al riguardo sono state brutalmente rovesciate.

Pierce the Veil: per molti la sorpresa della serata.

Dal metro e mezzo di Vic Fuentes escono note pulite e intonate, gli strumenti gli stanno dietro a meraviglia e l’energia che si respira sul palco è febbrile e contagiosa.

Lasciano per ultimi due dei loro pezzi più famosi, Caraphernelia e King for a Day, ai quali il pubblico reagisce con maggiore entusiasmo rispetto al resto dei brani, sconosciuti ai più.

Dopo una breve pausa per sistemare il palco al meglio, il momento topico è giunto.

Si spengono le luci, un boato esplode, i Bring Me The Horizon escono allo scoperto: la folla in delirio sembra abbia visto la luce del paradiso tra espressioni incredule ed urli vicini agli ultrasuoni.

Lo show inizia.

La potenza strumentale di questo gruppo è qualcosa di squisitamente afrodisiaco; tutto sta al suo posto perfettamente e il cambiamento di formazione (l’arrivo di un tastierista/effettista a tempo pieno al posto di una chitarra) ha giovato enormemente alle esibizioni live. A livello musicale sono ineccepibili.

Lo stile della band negli anni ha subito un’evoluzione pazzesca, è stato come vedere un bambino imparare a camminare e poi a correre perchè, nulla togliendo ai primi due album (Count your blessings e Suicide Season), è negli ultimi due dischi (The is a hell belive I’ve seen it, there is a heaven let’s keep it a secret e sempiternal) che i Bring hanno trovato una dimensione ideale, specialmente Oliver, il cantante, che è riuscito a scoprire uno scream più leggero, quasi sussurrato, nel quale riesce ad avere maggiore controllo delle proprie capacità senza flagellare le sue povere corde vocali.

Nonostante questo c’è un ma: “bla bla bla complimenti” (funge da riassunto di ciò che ho precedentemente detto), MA appena Oliver esce dal suo scream sussurrato, sparisce, inghiottito dall’accompagnamento. È inutile star qui a raccontarcela perché purtroppo brani come Diamonds aren’t forever e Chelsea smile li ha fatti con il culo, anzi per metà li ha fatti cantare al pubblico e per metà sembrava lo stessero sgozzando.

Il giudizio complessivo, comunque, sfiora l’eccellenza.
Il pubblico partecipa spontaneamente e canta i cori di brani come Sempiternal e Go to hell, for heaven’s sake, con passione e una certa dose di sentimento, come se le parole fossero scritte apposta per loro.

Dopo un primo ending, il gruppo sostenuto da incitamenti a fare “one more song” torna sul palco per concludere la serata con un encore di due brani.

Dopodichè i Bring me the horizon svaniscono nel backstage e la gente comincia a disperdersi, in cerca di un respiro d’aria fresca e di sollievo dalla canicola sudorifera.

Scaletta:

  1. Can You Feel My Heart
  2. Shadow Moses
  3. Diamonds Aren’t Forever
  4. The House of Wolves
  5. Go to Hell, for Heaven’s Sake
  6. And the Snakes Start to Sing
  7. Empire (Let Them Sing)
  8. It Never Ends
  9. Deathbeds
  10. Chelsea Smile
  11. Antivist

Encore:
12. Blessed with a Curse
13. Sleepwalking

Live – The Darkness @ Estragon 3.11.2013

Live The DarknessBologna, Estragon, 3 Novembre 2013.

I Darkness si fanno attendere sulle note di “The boys are back in Town” e “Arrival” , dopodichè con andatura fiera e un po’ biricchina si affaccia sul palco Justin Hawkins preceduto dal bassista e con a seguito il fratello Dan e il batterista.

Il tuffo negli anni ’70 è inevitabile! Sarà per la tutina super attillata di Justin che poco lascia all’immaginazione oppure è dovuto al loro sound tra l’hard rock e il glam, marchio di fabbrica della band.

La scaletta è un continuo susseguirsi di brani carichi di energia con i quali il numeroso pubblico dell’Estragon si esalta facendo un sing along quasi continuo con Justin, il quale soddisfatto lascia spesso la “parola” alla folla. Lo stesso vestendo i panni di intrattenitore sconvolge il pubblico con un paio di trick con il plettro, elargendone anche diversi.

Queste tre date italiane dei The Darkness sarebbero un continuo della sponsorizzazione del loro ultimo disco “Hot Cakes”, ma se diamo un’occhiata alla scaletta è facile vedere come quasi tutti i brani provengano dal loro primo sensazionale album “Permission to Land”. È pur vero che questa band ha passato un quinquennio non troppo facile dove è arrivata praticamente allo scioglimento, ma se lo scopo è quello di promuovere qualcosa di nuovo forse bisognerebbe farlo ascoltare di più (anche se io ho apprezzato la scaletta “retrò”, non avendoli mai visti).

Ma dopo questo encomio, purtroppo, c’è una piccola nota negativa: Justin è partito in sordina, per i primi due brani è rimasto leggermente “indietro” rispetto all’accompagnamento, per poi invece trapanarci i timpani con i suoi acuti culminati nel brano di chiusura “Love on the rocks with no ice”.

Complimenti all’Estragon, sempre presente nella vita dei rocker grazie agli eventi imperdibili che propone.

Scaletta:

Every Inch of You
Black Shuck
Growing on me
She Just a Girl, Eddie
One Way Ticket
Nothin’s Gonna Stop Us
Get Your Hands Off My Woman
Love Is Not the Answer
Love Is Only a Feeling
Friday Night
Concrete
Everybody Have a Good Time
Street Spirit (Fade Out) (Radiohead cover)
Givin’ Up
Stuck in a Rut
I Believe in a Thing Called Love

Encore:
With a Woman
Hazel Eyes
Love on the Rocks With No Ice