L’ascolto di questo cd è per me un momento prezioso, perché quando lo ascolto penso che il grunge non sia morto. Dalla prima traccia “Moon and stars” posso cogliere l’atmosfera lirica e impietosa che ha caratterizzato le ballate che ho amato, e penso a pezzi come “Vitalogy” dei Pearl Jam e “Core” degli Stone Temple Pilots. Altro brano che un po’ vi riporterà indietro nel tempo è “Looking for something to lose”, anche se può risultare più stanco rispetto al resto del disco, così come i primi accordi di “Endless god” non possono che sparare i nostri neuroni verso il pianeta Nirvana.
La band nel 2012 ha realizzato una lodevole cover di “Need” dei Mudhoney (l’originale in “Superfuzz Bigmuff Plus Early Singles”, Sub Pop, 1990), riarrangiando il pezzo nelle stanze private di cui racconta il brano. Non è il caso di abbandonarsi a eccessive nostalgie con “Leaves don’t fall by change” (Garage Records, 2013) degli In my June, poiché già dalla seconda traccia si apre l’ispirazione e si corre a una landa scura ed elettrica con “Mouse in the snow” e poi con “Lucy”.
Questo secondo disco in studio della band ha scelto di esplorare suoni non acustici, diversi da quelli che ci avevano fatto conoscere nel loro primo lavoro (“Blind Halley”, Garage Records, 2011), riuscendo a trovare una bella armonia tra le nuove ispirazioni synth e la loro vocazione lirica e sofferta.
“Rain that never ends” inizia con un singulto di pioggia ed esplode in un ritornello che rimane composto nell’andamento del pezzo, ma ci fa percepire la sottile disperazione in una pioggia che non finisce mai.
L’atmosfera è certamente malinconica in tutto l’album, “5th dimension” ne è un breve esempio.
Anche se l’ultimo struggente pezzo si intitola “I’ve lost my time”, non avrete certamente perso tempo ad ascoltare l’ultimo lavoro degli In my June, qui in streaming http://www.garagerecords.it/artisti/in-my-june/
Ah… sono curiosissima di sapere come hanno scelto questo bellissimo nome per la loro band! Qualcuno lo sa?
