Society – La stretta di mano del Dr. Schultz (1/2)

e894da5f3df83200366c864479948c8450f68982d2d25«Sorry, I couldn’t resist.»
Dr. King Schultz

 

Ben aldilà del consueto cerimoniale, un gustoso siparietto ha, per così dire, marcato la differenza dell’insediamento del nuovo variegato e variopinto Parlamento rispetto al grigiore passato: la deputata “cittadina” Gessica Rostellato, eletta nelle liste del Movimento Cinque Stelle, avviandosi con passo deciso all’O.K. Corral… pardon… alla Camera dei Deputati, mantenendo fede al proprio bellicoso mandato elettorale, ha rifiutato di stringere la mano all’esponente politico di lungo corso, nonché attuale collega, Rosy Bindi.

Devo ammettere di non aver affatto pensato alle implicazioni politiche della vicenda e mi scuso per la mia insipienza politica. Piuttosto mi è venuta in mente una scena a cui avevo assistito poco tempo prima… al cinema. Più precisamente la scena della stretta di mano tra il Dottor Schultz e Calvin Candie in Django Unchained, ultimo film di Quentin Tarantino.

[Avviso ai lettori. Metto le mani avanti: ora svelerò un importante colpo di scena nella trama del succitato film; la lettura è dunque sconsigliata a chi non vi avesse ancora messo mano. Detto altrimenti: occhio agli spoiler.]

Ebbene sì: dopo un duro addestramento a mano armata, una serie di peripezie a quattro mani, un patto ed uno stratagemma, Django ed il Dr. Schultz sono sul punto di completare la loro missione senza bisogno di menar le mani e liberare la moglie di Django, Broomhilda, dalla cattività in cui è costretta, essendo essa (legalmente) proprietà di Calvin Candie, non propriamente un uomo alla mano.

Dopo una escalation di tensione che ha visto i cattivi passare, con un drammatico colpo di mano, da una condizione svantaggio ad una di vantaggio nei confronti dei nostri eroi (ci pensa la sagacia del vecchio Stephen a dar man forte al padrone), la soluzione della vicenda è tuttavia ancora a portata di mano e tutta nelle mani del saggio Dr. Schultz. Anzi nella mano.

Infatti, nonostante l’inganno sia stato scoperto, i due non sono costretti ad andarsene a mani vuote: il contratto di vendita di Broomhilda è stato firmato e, come richiede Candie in onore alle tradizioni del Sud, basterebbe una stretta di mano a suggellare la buona riuscita dell’accordo.

Fosse così semplice! Il buon Schultz, piuttosto che sporcarsi le mani stringendo la mano a Candie, si fa prendere la mano e lo uccide, facendo precipitare gli eventi, condannando Django a cadere nelle mani dei suoi aguzzini, tanto che occorrerà un’altra mezz’ora buona di film al protagonista per prendere in mano la situazione e fare man bassa in casa dei nemici.

 

http://www.youtube.com/watch?v=weKNVNSG-vk&width=420&height=315

 

[Fine spoiler. Ma non ci metterei la mano sul fuoco…]

Ora, la questione sembra essere piuttosto controversa: perché mai il Dr. Schultz si intestardisce a tal punto da compromettere la situazione e non solo? Un simile atteggiamento potrebbe sembrare esser motivato dall’orgoglio e dal disprezzo: un malcelato (e giustificato) senso di superiorità.

In effetti l’ex dentista europeo manifesta una certa insofferenza nei confronti della “società” del Nuovo Mondo: una “cultura” che si esaurisce nel continuo atteggiarsi vanesio e vacuo ad eleganti nobiluomini e nobildonne di estrazione europea, pur nella più totale mancanza di ogni benché minimo sentimento di umanità e di quell’insieme di conoscenze e convinzioni condivise che solitamente consideriamo la “buona” cultura.

Lo sdegno del Dottore nei confronti di questa superficialità “culturale”, culmina però piuttosto nell’ordine stizzito con cui intima alla sorella di Calvin di non suonare con leggerezza Beethoven nel drammatico istante in cui le vite stesse dei protagonisti si ritrovano al centro di un intrigo di disumana crudeltà.

Detto chiaramente, non credo affatto che il significato del ‘gran rifiuto’ possa essere: “Noi Europei siamo migliori di voi”.
Del resto nel 2009 l’Academy aveva premiato lo stesso Christoph Waltz come miglior attore non protagonista del precedente film di Tarantino Bastardi senza gloria  e questa coincidenza, deponendo a favore di una certa involontarietà dell’intelligenza, rende ancora più stringente la specularità tra il Dottor Schultz ed il colonnello Hans Landa. Ve lo ricordate? Era anche lui un elegante e raffinato tedesco, ma difronte alla sua urbana efferatezza non ci potevamo di certo beare di alcuna supposta superiorità europea.

Credo invece che la ragione che motiva quel gesto mancato sia la stessa che lo rende per certi aspetti inaspettato ed incomprensibile: ed è una ragione di genere narrativo. Nel film di Tarantino i personaggi sono, come si suol dire, tagliati con l’accetta: di certo non dovremmo aspettarci che si comportino come persone “reali”. In essi possiamo facilmente riconoscere i personaggi tipo e le funzioni delle fiabe.

Non c’è dubbio su chi siano l’eroe, il cattivo, l’aiutante o la principessa e, a onor del vero, in questa stereotipizazzione dei personaggi Tarantino si inserisce perfettamente nel prediletto filone dello spaghetti-western (pensate a Il buono, il brutto e il cattivo di Sergio Leone: il titolo diceva già tutto). I personaggi delle fiabe non sono complessi, contraddittori, sfaccettati: sono o tutto o niente.

Per adattarsi allo schema, il Dr. Schultz deve dunque dimostrare la propria intransigenza nei confronti della propria controparte: non può scendere a compromessi, non può venire a patti. Potrebbe perdere la vita piuttosto che derogare al ruolo del proprio personaggio.

Tutto ciò è funzionale ad una certa strategia “manichea” di questo particolare atto narrativo: la realtà è rappresentata come suddivisa in Bene da una parte e Male dall’altra; i personaggi si dispongono nelle due categorie senza incertezze, favorendo l’identificazione dello spettatore (con la parte offesa, ovviamente) e spingendolo ad immedesimarsi nelle vittime attraverso un’estrema, quasi fisica e pulsante sensazione di ingiustizia e volontà di rivalsa. Rivalsa che inevitabilmente si verifica nel surreale e splatter happy end.

Non si può evitare di sottolineare tuttavia che una tale strategia implichi inevitabilmente una semplificazione: in questa direzione credo potrebbero essere accolte le critiche mosse da Spike Lee alla pellicola di Tarantino, ossia il rischio di banalizzare un tema storico delicato e complesso.

È certamente vero che una narrazione in “bianco e nero” non favorendo l’approfondimento, non conduce ad alcuna comprensione storica, politica o sociale del fatto narrato e dunque difficilmente ne favorisce un reale superamento. La spartizione di meriti e colpe in stile Giorno del Giudizio ha in sé il rischio di una morale molto, molto semplificata.

Non a caso però ho scritto “potrebbero”. Infatti ritengo che Tarantino abbia cercato di evitare il rischio attraverso un  personaggio fondamentale che, da solo, rompe la logica della semplice contrapposizione tra buoni e cattivi, contribuendo in un sol colpo a rendere più elaborata e sottile la morale in questione. Se vogliamo anche più disturbante e difficile da accettare.

Alzi la mano chi crede di aver capito a chi mi sto riferendo.

(continua…)

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