Live – Architects + guests @New Age Club (21.02.2015)

Architects-Promo

Il New Age è gremito, credo sull’orlo del sold out: calca, caldo, odori venefici. Passa tutto in secondo piano nello stesso momento in cui la prima band inizia ad esibirsi.

Counterparts: band canadese formatasi nel 2007 della quale conoscevo solo il nome. Il loro melodic hardcore (così viene definito, ma non sono molto d’accordo con la categorizzazione) è alquanto piacevole e come opening act è decisamente azzeccato poiché è sì carico, ma contemporaneamente non troppo pestato, in modo tale da preparare gradualmente i timpani fino all’arrivo degli headliner.

Il secondo gruppo ad esibirsi sono i Bless the Fall, beneficiari indebiti del grande successo del tour perché fondamentalmente avulsi dal resto delle band della serata.

Immaginatevi la mia faccia quando vedo spuntare questi ragazzetti che sembrano provenire direttamente dal 2006 e dai tempi d’oro dei ciuffoni copri faccia. Tuttavia, fosse stata solo una questione di look, sarei passata oltre nel giro di tre secondi, invece, purtroppo, il cantante in pulito non becca una nota intonata e lo scream, quando sporadicamente tenta di produrne uno visto che poi è il bassista che se ne occupa, è meglio lo eviti a piè pari perché è proprio incapace. Gli altri componenti non sono malissimo, ma sono eclissati dall’incompetenza di Beau Bokan.
Rimpiango amaramente Craig Mabbitt.

Arriva il momento degli Every Time I Die, il quintetto di Buffalo che ero impazienterrima di ascoltare. Peccato che alla terza canzone i miei timpani stessero chiedendo pietà a causa del mixaggio pessimo: è proprio questo elemento che inficia il mio parere sulla performance della band.

Faccio una piccola precisazione: magari sono io troppo pretenziosa e abituata bene, ma se sento un mixaggio fatto male nel quale si percepisce solo un rumore fastidioso senza alcuna distinzione tra gli strumenti, ritengo impossibile godermi lo show della band in questione e specialmente capire cosa stiano facendo e come.

Mi dispiace non poter dire altro al riguardo; sono fermamente convinta che gli Every Time I Die siano una band molto capace e gli riconosco l’abilità di saper coinvolgere il pubblico, ma mi riservo di ascoltarli un’altra volta.

Infine ecco gli headliner della serata: gli Architects.
Dopo i primi pezzi c’è solo una domanda retorica che mi gira in testa: “Tecnica ne abbiamo?”.

Sono rimasta sconvolta dalla bravura di questa band che seguo dall’alba dei tempi, ma che non avevo mai avuto l’occasione di sentire live.

Sam Carter regge più di un’ora di set senza perdere un colpo e i suoi colleghi sono ineccepibili, anche se un po’ statici. Ogni pezzo è come un pugno nel diaframma: ti fa rimanere senza fiato e spiazzato.
La scaletta è composta dall’ultimo album della band inglese “Lost Forever // Lost Together” (si, tutto intero) , un brano proveniente da “Hollow Crown (il loro album più rappresentativo, e per quanto mi riguarda il mio preferito) e da qualche altro pezzo estrapolato dagli altri lavori in studio sotto la Century Media.

Già pronta a gustare “Hollow Crown” come conclusione del concerto e congedo della band, rimango invece come una calamara perché non la suonano proprio.

Nonostante ciò, gli Architects mi hanno rubato il cuore.