Sono ormai diciannove anni, dal 1994 (avevo appena tre anni) in cui uscì il loro primo album, omonimo della band, che i Negrita bazzicano le chart radiofoniche del Belpaese. Dopo l’ultimo album di inediti ‘Dannato Vivere’, seguito da un tour terminato nell’ottobre del 2012, ecco nuovamente Pau e compagni, instancabili, marcare i principali teatri d’Italia, con l’originale Unplugged Tour 2013, comprendente più di trenta date, tra le quali, Trieste. Noi c’eravamo e questo è quello che abbiamo visto ma, soprattutto, sentito. La particolarità di queste date, oltre al fatto di essere unplugged, è l’esecuzione live di brani che finora erano sempre rimasti confinati nei meccanici limiti del digitale. Nuova vita quindi, alla musica dei Negrita e, perché no, a loro stessi, traendo ispirazione da una massima del jazzista Miles Davis: «il compito della musica è valorizzare il silenzio, il più puro dei suoni. Il vuoto non deve essere riempito, ma esaltato». Less is more è la base ideale di questo tour minimal che dà forse più importanza all’armonia dei silenzi che ai suoni stessi. La data triestina, organizzata da Azalea Promotion in co-organizzazione con il Comune di Trieste – Assessorato allo Sport, in collaborazione con Il Rossetti – Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia e Live Nation, si è tenuta presso il Politeama Rossetti, affascinante location nel centro cittadino, affollatissimo da gente di ogni età già mezz’ora prima delle canoniche 21, ora di inizio del concerto. Lo spettacolo inizia con ‘Bonanza’, tratto dal primo album del 1994. L’acustica, va detto, non è granché, quindi non si riesce ad afferrare che qualche parola di quanto cantato da Paolo Bruni in arte Pau, il front-man del gruppo. Nonostante questo, però, l’atmosfera è fin da subito emozionante, e si decide di aguzzare ancora di più le orecchie, nella speranza che la qualità audio delle canzoni successive sia migliore. ‘Vai Ragazzo Vai’ vede affiancarsi ad un arrangiamento orientaleggiante l’effetto delle luci del Teatro, capace così di creare un’atmosfera esotica e lunare al tempo stesso. Viaggiando indietro nel tempo, missione non troppo secondaria di questo tour, si finisce per ritornare a quel blues del Mississippi fatto proprio dalla band toscana quando, nei primi anni Novanta, iniziava a girare la propria regione (con il nome di Negrita Blues Lovers) suonando Muddy Waters, BB King, Robert Johnson. Ruggente. In ‘Cambio’, accompagnata da una grande partecipazione del pubblico, cantano le chitarre e suonano le mani, in una pirandelliana unione tra palco e platea. Poi arriva il turno di ‘Hemingway’, un viaggio alla ricerca del centro dell’anima e del mondo.
Come ogni gruppo che abbia alle proprie spalle una storia, anche i Negrita hanno avuto le proprie sbandate musicali, che li hanno spinti a lasciare un certo tipo di tracciato musicale per affrontarne altri. La prima introspezione, attraverso il Sud America, non è bastata. I componenti della band sono stati infatti colti da una primordiale voglia di ricavare qualcosa dall’ombelico del mondo, dall’Africa. Esiste una zona, in Mali, dove si utilizza la chitarra in un modo molto caratteristico, tanto da essere divenuto in seguito l’embrione del blues afro-americano. I Negrita di tutto ciò se ne sono accorti, e proseguendo nello studio di questo spirito esotico ed ancestrale ne hanno ricavato dei riff che sono poi divenuti delle canzoni, come ‘Che rumore fa la felicità’.
Il Teatro continua, canzone dopo canzone, ad accompagnare la band toscana con calore ed uno scambio reciproco di emozioni, tanto da meritarsi l’encomio di Pau, che, dopo aver dichiarato che «Trieste ha l’applauso più lungo di tutto il tour», abbraccia tutti, in particolare le ragazze, che ricambiano con molto affetto e forse ricambierebbero anche con tanto altro, ma in fondo non spetta a noi dirlo.
Arriva ‘Sale’: esecuzione molto veloce, con il maldestro contributo dell’acustica sembra una serie di supercazzole. A quanto pare però non basta questo per fermare il pubblico, che è proprio adesso che inizia ad abbandonare i propri posti andando a scatenarsi sotto il palco. Tempistica più che opportuna, visto che ‘Radio Conga’ scalda ancora di più l’atmosfera in un climax emotivo e musicale che si protrarrà fino al termine. Il suo inconfondibile incipit annuncia una ‘Rotolando Verso Sud’ torrida. Se fuori non piovesse e non ci fosse la tipica brezza triestina, si potrebbe pensare di essere in estate e di trovare il sole all’uscita. Basta però chiudere gli occhi per farsi catapultare in una qualsiasi delle assolate mete cantate dal gruppo toscano, capace di far viaggiare l’anima semplicemente chiudendo gli occhi e lasciandosi trasportare dall’armonia delle note e delle parole.Una parvenza di conclusione ed ecco la band tornare nuovamente sul palco per un’interpretazione eccelsa di una ‘Ho imparato a sognare’ piena di significati, non per nulla re-interpretata anche dalla Fiorellona nazionale (n.d.a. Fiorella Mannoia). Pau, incantato dai colori oro e blu del soffitto del teatro, descrive Trieste come una Porta d’Oriente: «Sembra di essere a Istanbul, dice». Pare che, parlando del più e del meno con un ragazzo straniero prima del concerto, egli gli abbia detto che questa è una città dove non ha mai vissuto razzismi. Un aneddoto che scalda i cuori e ringalluzzisce un po’ quell’orgoglio identitario troppe volte soppresso dai titoli dei quotidiani. Dopo ‘Gioia infinita’ arriva la presentazione degli artisti: Chris (batteria e basso), Gando (basso, violoncello, pianoforte, organi, mellotron, wurlitzer), Drigo (basso), Pau (voce, chitarra acustica, cembali, armonica e basso). Il concerto, partito con auspici non troppo buoni ma riuscito a migliorare e chiudere sicuramente nel migliore dei modi, si chiude con ‘Mama Maè’. Un gran successo per i Negrita, ormai alla conclusione del loro tour, che si riconfermano nuovamente capaci di emozionare con la propria musica un pubblico dell’età più varia ma sicuramente innamorato della vita. Se è vero che la felicità ha un proprio rumore, questa sera sicuramente i Negrita lo hanno suonato nel migliore dei modi.
Riccardo
La scaletta del concerto:
Bonanza
Vai Ragazzo Vai
L’Uomo Sogna di Volare
Bum Bum Bum
Cambio
Hemingway
Brucerò X Te
Luna
Che Rumore Fa La Felicità
Tutto Bene
Lontani Dal Mondo
In Ogni Atomo
Destinati A Perdersi
Il Libro In Una Mano
Sale
Radio Conga
Un Giorno Di Ordinaria Magia
Rotolando Verso Sud
Bis
Ho Imparato A Sognare
Splendido
Dannato Vivere
Gioia Infinita
Mama Maè
Recensione di Riccardo